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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.08.2008 La gita in barca degli odiatori di Israele
la cronaca di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 agosto 2008
Pagina: 15
Autore: Davide Frattini
Titolo: «La sorella di Cherie Blair sfida in barca il blocco di Gaza»

Il CORRIERE della SERA del 6 agosto 2008 pubblica un articolo di Davide Frattini sulla forzatura del "blocco di Gaza" progettata da un gruppo di attivisti antisraeliani, tra i quali Lauren Booth, cognata di Tony Blair .
L'articolo è corretto, ricorda che a Gaza arrivano cibo e medicine da Israele, ricorda i lanci di razzi kassam contro i civili israeliani e il golpe di Hamas.

Gli attivisti antisraeliani, invece, di tutto questo non ricordano nulla e stando alle loro dichiarazioni non si sono nemmeno accorti del regolamento di conti tra Hamas e Fatah in corso a Gaza. Ed è molto probabile che non avrebbero nessuna risposta per alcune semplici domande.  Se la loro inizativa, che mira a
  " fermare definitivamente l'embargo e aprire un collegamento via mare con Cipro" dovesse avere successo, chi garantirà che a Gaza non abbiano libero accesso le armi che alimenterebbero il terrorismo e la guerra ?

Ecco il testo completo dell'articolo:

GERUSALEMME — Lauren ha passato quindici giorni nella giungla. Ha superato la paura dei ragni, le notti all'aperto, ha ammesso «sono morta di fame, è stata durissima», ha urlato «sì sì» quando i presentatori hanno annunciato che la giuria popolare la sbatteva fuori dal reality show, ha dato i soldi dell'ingaggio in beneficenza a Interpal, associazione che aiuta i palestinesi.
Adesso Lauren Booth, giornalista- polemista, contestatrice contro la guerra in Iraq, diva temporanea del programma «I'm A Celebrity... Get Me Out of Here», sta veleggiando nel Mediterraneo per tentare di realizzare quello che il cognato Tony Blair, da inviato del Quartetto per il Medio Oriente, non è riuscito a fare. Entrare nella Striscia di Gaza. A metà luglio, l'ex premier britannico si sarebbe dovuto presentare al valico di Erez, a sud di Israele, ma la visita è stata cancellata per una minaccia «specifica» contro di lui. Lauren, sorellastra della moglie Cherie, vuole arrivare dal mare. Assieme ad altri quarantacinque volontari avrebbe lasciato il porto di Larnaca — la partenza è annunciata sul sito della missione — a bordo delle barche Free Gaza (21 metri) e Liberty (18 metri). L'equipaggio sta percorrendo a vela la maggior parte dei 370 chilometri. Gli attivisti sanno che al largo della Striscia li aspettano le navi da guerra israeliane che pattugliano quel tratto di mare.
«Vogliamo risparmiare carburante — spiega Hilary Smith, una delle organizzatrici — perché i passeggeri sono pronti ad aspettare settimane, se vengono bloccati. Gaza è una prigione virtuale per oltre un milione e mezzo di palestinesi. Gli israeliani dicono di non occupare più la Striscia, quindi non abbiamo chiesto il permesso di passare e non permetteremo ai militari di salire sulle barche».
Un'agenzia di sicurezza privata dovrebbe ispezionare le navi per dimostrare che non vengono trasportate armi o sostanze pericolose. Nella stive, è stato imbarcato il carico simbolico di duecento apparecchi acustici per un gruppo palestinese che assiste i bambini sordi. L'organizzazione Free Gaza spera anche di poter attraccare e ripartire con gli studenti che hanno vinto la borsa di studio Fulbright: gli Stati Uniti avevano concesso i visti a tutti e otto gli universitari di Gaza, poi li hanno ritirati a quattro di loro per ragioni di sicurezza.
Il governo israeliano ha da oltre un mese aumentato i rifornimenti di cibo e medicine, dopo un accordo per il cessate il fuoco con Hamas. L'embargo politico ed economico è stato deciso in risposta ai lanci di razzi Qassam e al blitz militare dei fondamentalisti che ha tolto la Striscia al controllo dell'Autorità palestinese e del presidente Abu Mazen.
Sulle due navi, ci sono attivisti da quindici Paesi, tra loro anche palestinesi, israeliani, una suora cattolica americana in pensione di 81 anni, un sopravvissuto all'Olocausto. «Questo non è un viaggio unico, simbolico — spiega l'israeliano Jeff Halper — l'obiettivo è fermare definitivamente l'embargo e aprire un collegamento via mare con Cipro».
«Abbiamo con noi delle reti — racconta l'italiano Vittorio Arrigoni — e se riusciremo ad arrivare in porto, per prima cosa andremo al largo con i palestinesi ».

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