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Corriere della Sera Rassegna Stampa
15.09.2007 A rieccolo ! Sergio Luzzatto raddoppia, basta con Ariel Toaff..
.. adesso è la volta della prof.americana

Testata: Corriere della Sera
Data: 15 settembre 2007
Pagina: 47
Autore: Sergio Luzzatto
Titolo: «No all'Università divisa per tribù»

Fantastico Sergio Luzzatto. Dopo avere interpretato la parte del promotore di Ariel Toaff con una paginona sempre sul CORRIERE della SERA, lanciando così quel libro-bufala che tanto discredito doveva poi portare sull'autore e sul suo mentore, adesso ci riprova di nuovo. Sempre con le solite grida in difesa della " libertà di pensiero ", poco importa se quel pensiero è di nuovo una menzogna, esattamente come era successo con Toaff e i suoi ebrei ammazza-bambini cristiani per poterne mescolare il sangue nelle ostie. Una orribile bugia, che ha causato la morte a migliaia di ebrei, in quegli annji bui che qualcuno pure vorrebbe rivalutare. Adesso ci prova con quella prof. della Columbia, che per delegittimare Israele, tira in ballo l'archeologia, facendo unaoperazione di bassa lega politica. Cosa per cui ne è stata chiesta le destituzione, come è avvenuto - e con successo - con Norman Finkelstein, un Sergio Luzzatto americano, perchè fare il docente in cattedra, in America, è evidentemente una cosa seria.  Chi fa propaganda politica vada a farla nelle sedi proprie, non all'università. Anche in questo caso si tireranno in ballo , , , come infatti fa Luzzatto, il quale è fortunato ad essefre docente nella università di Torino, inamovibile, come avviene in tutte le istituzioni statali. Da noi uno può raccontare tutto quello che vuole, il criterio meritocratico è assente nelle nostre università, a differenza di quelle americane. Che, non a caso, sono le migliori del mondo. Forse non tutte, ma il livello è imparagonabile con l'Italia.

Invitiamo i nostri lettori a scrivere al CORRIERE della SERA per esprimere la loro opinione sulla posizione del prof.Sergio Luzzatto.

Ecco l'articolo uscito oggi, 15/09/2007, a pag.47, titolo " No all'Università divisa per tribù":

I lettori del Corriere hanno appreso nei giorni scorsi del caso di Nadia Abu El-Haj, la docente della Columbia University di New York che rischia il posto per avere scritto un libro controverso sugli usi politici dell'archeologia nello Stato di Israele.
Di origini palestinesi, questa studiosa di antropologia culturale, già vincitrice di onorificenze fra le più prestigiose del mondo accademico anglosassone, si trova oggi in una situazione simile a quella di Norman Finkelstein, lo studioso di origini ebraiche che accusa Israele di sfruttare la Shoah a fini politici, il quale ha dovuto recentemente dimettersi dalla De Paul University di Chicago.
Una volta di più, il caso di Abu El-Haj pone il problema non soltanto della libertà di ricerca, ma della libertà di insegnamento nel nostro libero Occidente. Tale libertà non risulta più garantita, sempre e comunque, a professori che dedichino i loro studi ai temi più «sensibili» di storia e civiltà del Medio Oriente.
Non appare una soluzione accettabile del problema il sottoporre gli studiosi in questione a una sorta di plebiscito elettronico della corporazione universitaria, dove centinaia o migliaia di colleghi pronunciano con un clic il loro verdetto di assoluzione o di condanna.
Meno ancora appare una soluzione la scelta delle rispettive Università di sottoporre le carriere dei docenti «incriminati» al giudizio di commissioni ad hoc, formate secondo un criterio di appartenenza «etnica»: tanti colleghi «ebrei», tanti «musulmani », tanti «cristiani»… Dove andremo a finire, se la credibilità scientifica si riduce alla credibilità identitaria?


lettere@corriere.it

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