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Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.05.2007 Un'intervista ad Amos OZ
lo scittore israeliano propone che il controllo di Gaza passi all'esercito egiziano

Testata: Corriere della Sera
Data: 24 maggio 2007
Pagina: 19
Autore: Elisabetta Rosaspina
Titolo: ««A Gaza intervenga una forza araba»»
Riportiamo un intervista di Elisabetta Rosaspina ad Amos Oz, pubblicata dal CORRIERE della SERA del 24 maggio 2007:

MILANO - Un giorno o l'altro smetteranno di piovere missili sui territori palestinesi e su quelli israeliani. Tornerà il sole anche sui campi profughi della Cisgiordania, sulla Striscia di Gaza e sulla confinante cittadina ebraica di Sderot, martellata dai razzi kassam. Amos Oz, uno degli scrittori israeliani più impegnati sul fronte della pace, ne è sicuro: «Alla fine ci saranno due popoli e due stati».
Ma quando è «alla fine»?
«La risposta sarebbe una profezia. Ed è difficile fare il profeta, venendo proprio dalla terra dei profeti. La concorrenza è troppo forte», sorride divertito Oz, in questi giorni a Milano per ricevere l'Ambrogino d'oro dal Comune e il premio «Uomo dell'anno 2007» dall'associazione «Amici del Museo d'Arte di Tel Aviv»; per offrire una sua testimonianza nel cantiere del nuovo Teatro Franco Parenti, e per presentare il suo ultimo libro pubblicato in Italia da Feltrinelli, «Non dire notte».
«Alla fine» di che cosa, allora?
«Dopo cento anni di conflitto sappiamo entrambi, arabi e israeliani, che prima o poi dovremo raggiungere un compromesso.
Non so quanto ci metteremo, ma sono sicuro che saremo più veloci di voi europei che avete combattuto mille anni di guerre intestine sanguinosissime prima di trovare l'equilibrio e l'attuale assetto dell'Europa».
Quindi vivremo abbastanza a lungo per assistere «alla fine»?
«Sì, se mangiamo in modo sano, dormiamo bene la notte e facciamo sport», ride.
Il quotidiano Haaretz sta conducendo un sondaggio tra i suoi lettori: comedeve comportarsi Israele in risposta ai missili Kassam sparati da Gaza su Sderot?
«Gaza, sfortunatamente, è in mano a bande armate di gangster. L'Autorità Palestinese non ha più il controllo del territorio. E non ce l'hanno nemmeno Fatah, Hamas e Jihad. A questo punto, mi pare necessario un intervento dell'esercito regolare egiziano».
L'Egitto dovrebbe mandare a Gaza le sue truppe?
«Sì. Per neutralizzare le milizie armate le forze di sicurezza palestinesi non bastano. Ci vuole un esercito regolare. Secondo me c'è una sola via d'uscita: un accordo trilaterale tra governo palestinese, Israele ed Egitto per l'invio di soldati egiziani a Gaza e la loro permanenza per uno o due anni».
E' sempre convinto che il nodo centrale siano i profughi?
«Sì. Se non si risolve questo problema, non si arriverà mai alla pace».
Ora ci sono anche duemila sfollati israeliani da Sderot. Basta spostarsi, quando si è sotto attacco?
«Sono 60 anni che Israele sopravvive agli attacchi. E sopravviverà finché non si arriva alla pace. Ma per arrivare a un'intesa ci vogliono almeno due partner: non si può applaudire con una mano sola, dice un proverbio. Dobbiamo sopravvivere fino a un accordo di pace con tutti i nostri vicini».
Intanto i palestinesi sono in fuga anche nel nord del Libano, dai campi profughi di Tripoli.
«Ebrei o palestinesi, la situazione dei profughi rimane una tragedia. A provocarla non è la mancanza di terra per tutti. Ma l'esistenza di troppi fanatici, in Libano come in Israele. Il dramma del ventunesimo secolo è il fanatismo.
Non soltanto in Medio Oriente, ma in tutto il mondo. E' un fenomeno universale».
Si riferisce al fanatismo religioso?
«Ce ne sono tantissimi altri, in ogni campo. Ci sono l'estremismo di destra e quello di sinistra. Quello ambientalista. Ce n'è di tutti i generi e colori. Sono i fanatici la grande minaccia mondiale di questo secolo».
Nel mirino delle Forze armate israeliane ora ci sono i capi di Hamas: Khaled Meshaal in Siria, ma anche il primo ministro palestinese, Ismael Haniyeh, a Gaza.
«Se Hamas prende di mira i civili israeliani, a Sderot e altrove in Israele, penso sia normale che l'esercito israeliano prenda di mira i capi di Hamas».
Può raccontare gli argomenti trattati nel suo recente incontro con il primo ministro israeliano, Ehud Olmert?
«E' stato un incontro strettamente privato. Ho promesso che non ne avrei riferito i contenuti e che non ne avrei parlato pubblicamente; e intendo mantenere il mio impegno».
Si può sapere almeno se è stato un dialogo proficuo?
«E' presto per dirlo. E' stato un incontro sulle idee. E il lavoro delle idee è molto lento. Ci vuole tempo per capire se porteranno a un risultato concreto e positivo, per sapere se questo scambio di opinioni produrrà frutti».
Non adesso?
«No, non adesso».

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