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Corriere della Sera Rassegna Stampa
16.07.2006 Il muro del pregiudizio contro Israele
un editoriale di Pierluigi Battista

Testata: Corriere della Sera
Data: 16 luglio 2006
Pagina: 1
Autore: Pierluigi Battista
Titolo: «Il muro italiano del pregiudizio»
Un editoriale di Pierluigi Battista dalla prima pagina del CORRIERE della SERA del 16 luglio 2006:

Prevalenza di schemi mentali vecchi e consunti, suggestione di mitologie antiche, accumularsi di pregiudizi che si sedimentano come incrostazioni intellettuali resistentissime a ogni smentita dei fatti: ecco la potente miscela ideologica che in Italia sembra impedire alla sinistra «radicale» (purtroppo lambendo anche strati non marginali di quella riformista), se non di giustificare, almeno di comprendere le ragioni di Israele, del suo diritto di difesa e della politica militare del suo governo democraticamente eletto.
Un muro d'incomprensione, altro che quello eretto da Sharon per contenere le irruzioni terroristiche tra i civili israeliani. Un'ostilità destinata ad alimentarsi grazie alla passività dell'Europa (con la presidenza finlandese di turno che si segnala per il suo irresponsabile estremismo verbale), alla freddezza vaticana, alla paralisi dei grandi riuniti nel G8 di San Pietroburgo. Destinata a condizionare, malgrado i messaggi di amicizia di Romano Prodi al premier israeliano, anche le posizioni del governo, condannato ad arginare le spinte oltranziste, o addirittura quelle che esprimono solidarietà ai nemici di sempre di Israele, presenti nella sua maggioranza. E se si segnala la resistenza alla deriva anti- israeliana di Francesco Rutelli, della pattuglia radicale di Emma Bonino e Marco Pannella e di combattivi ma isolati esponenti della maggioranza come Umberto Ranieri e Gianni Vernetti, appare stupefacente la sordità della sinistra non alle ragioni della solita «destra» israeliana, ma a quelle di chi non si è mai allontanato dalla prospettiva di pace di «due popoli, due Stati», spesso criticando i governi di Israele per non averla perseguita, o per averla addirittura ostacolata. Come non ascoltare le parole raccolte dal Corriere della Sera dello scrittore israeliano Abraham Yehoshua che spiega perché «il Paese intero sta sostenendo le scelte del governo Olmert», giacché «la mia casa non è Haifa, ma tutta Israele. Per me è egualmente gravissimo il fatto che vengono colpiti Kiriat Shmona o un minuscolo kibbutz a un tiro di schioppo dal confine libanese»? «Non riconoscono la legittimità della nostra esistenza, ci vogliono tutti morti», dice ancora Yehoshua. Sono forse le espressioni paranoiche di un fanatico, di un guerrafondaio, di un estremista che non aspetta altro che i bombardamenti israeliani su Beirut? O c'è un senso di urgenza, e di panico, per chi sente di essere assediato da chi con Israele non vuole allacciare alcun compromesso, negandone il diritto all'esistenza e abbeverandosi ai più feroci stereotipi dell'odiocrazia antisemita? Sulla Repubblica un giornalista italiano che non è mai stato tenero con Israele, Sandro Viola, invita la sinistra a non attardarsi su rappresentazioni oramai travolte dalla novità della guerra totale contro Israele: «La partita che si gioca da tre giorni non è più quella impari, la parte di Israele spietata, tra un esercito potente e le milizie palestinesi. E' una partita tra la più solida formazione terroristica dell'area, sostenuta sempre più scopertamente da Teheran, e lo Stato di Israele». Ma l'analisi coraggiosa di Viola fa fatica a scalfire la corazza di pregiudizi di cui una parte della sinistra sembra disperatamente prigioniera. Si deplorano le violazioni territoriali in Libano, ma si minimizza il significato dei razzi sparati da una porzione libanese che Israele aveva unilateralmente sgomberato e ora fortezza di Hezbollah, si dimentica la prova di forza che appena un anno fa Sharon aveva sostenuto contro gli stessi coloni ebrei per ritirarsi da Gaza (e con la promessa del ritiro dalla Cisgiordania), si sorvola con incredibile leggerezza sulle minacce del presidente iraniano Ahmadinejad, scandite da continue evocazione dello sterminio degli ebrei. Tutto questo viene occultato, cancellato, ridimensionato per avvalorare ancora una volta l'immagine di un Israele perennemente e costitutivamente aggressivo e prepotente. Un muro di incomprensione, appunto. Che, se non rimosso, può addirittura coprire una voragine di vergogna.

lettere@corriere.it

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