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Il Mattino Rassegna Stampa
17.07.2016 'Modello Israele da importare in Europa per arginare il terrorismo islamico'
Naor Gilon intervistato da Giuseppe Crimaldi

Testata: Il Mattino
Data: 17 luglio 2016
Pagina: 9
Autore: Giuseppe Crimaldi
Titolo: «'Vanno innalzati i livelli di difesa, l'Europa adotti il modello Israele'»

Riprendiamo dal MATTINO di oggi, 17/07/2016, a pag. 9, con il titolo "Vanno innalzati i livelli di difesa, l'Europa aotti il modello Israele", l'intervista di Giuseppe Crimaldi a Naor Gilon, Ambasciatore di Israele in Italia.

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Giuseppe Crimaldi

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Naor Gilon

«L'Europa deve fare presto. Ha il dovere di muoversi adesso, senza ulteriori ritardi, perché altrimenti - oltre al rischio di nuovi attentati, oltre alla minaccia terroristica jihadista - prenderanno il volo altri fenomeni non meno pericolosi: a cominciare dalla xenofobia, dal populismo e dai vari estremismi locali». Più che un consiglio, quello di Naor Gilon, ambasciatore d'Israele a Roma, ha il sapore di un appello. «In Israele - dice - purtroppo conosciamo bene cosa sia la convivenza con la paura. Ma noi questo steccato l'abbiamo superato da tempo».

Ambasciatore, che cosa significa convivere con la paura? «II nostro modo di convivere con la paura è diverso dal vostro. La differenza è che noi israeliani viviamo in permanente condizione di allerta terroristica da decenni, mentre voi la state scoprendo adesso. Abbiamo sviluppato un modello di sicurezza che pure tante volte altre nazioni hanno criticato. Ma soprattutto abbiamo puntato sull'intelligence. E il risultato è arrivato: il numero degli attentati è notevolmente calato».

Esiste un «modello Israele» esportabile nel resto del mondo? «In Europa è diverso. Voi avete Schengen, la libera circolazione delle persone tra più nazioni. E in alcuni casi considerate alcuni rimedi di difesa interna come compressioni delle libertà individuali. Noi - che pure siamo una democrazia liberale e attenta ai diritti civili - abbiamo adottato un metodo di controllo delle informazioni personali che - se applicato nei vostri Paesi - farebbe gridare qualcuno allo scandalo. Se ti imbarchi all'aeroporto di Tel Aviv ti fanno un lungo interrogatorio: ti chiedono "dove" "come" "quando" e "perchè" ti stai muovendo. Questo non significa certo abdicare ai diritti e alle libertà individuali. Ma soprattutto funziona e produce effetti quando la democrazia è sotto attacco. La paura si vince innalzando i metodi e i livelli di difesa. Per questo dico che dovete fare subito qualcosa: perché, altrimenti, oltre agli attentati, si amplificheranno i rischi legati a xenofobia, populismo ed estremismi locali».

L'attentato di Nizza ricorda quelli che qualche tempo fa si succedettero a Gerusalemme e a Tel Aviv, dove i terroristi «fai-da-te» utilizzavano le auto per investire e uccidere civili israeliani alle fermate degli autobus. «Un triste deja vu che noi conosciamo bene. Purtroppo questo è il modo più facile e meno prevedibile di fare attentati. Perché tu puoi anche riuscire a intercettare chi acquista un kalashnikov o dell'esplosivo, ma come fai a individuare come terrorista uno che si mette alla guida di un camion o di un'auto? Impossibile fermare questi fenomeni che, peraltro, creano un devastante effetto emulativo pericolosissimo, perché i social network fanno da amplificatore al fanatismo».

L'Europa fa abbastanza per combattere queste nuove forme di terrorismo? «No. Evidentemente no. Come dimostrano i fatti di Nizza, da voi continua a esserci un terrorismo replicante. Per non parlare degli attentati di Parigi e Bruxelles: le indagini hanno dimostrato che gli autori dei primi venivano dal Belgio e quelli dei secondi anche dalla Francia. Il che significa che, oltre a sfruttare le frontiere aperte a tutti, i protagonisti avevano una perfetta conoscenza dei luoghi. Ciò rende purtroppo vulnerabile anche l'Italia, anche se devo dire che in questi quattro anni e mezzo di permanenza a Roma ho apprezzato l'egregio lavoro che fanno sia le vostre autorità governative che quelle di polizia».

Molti Paesi arabi «moderati» fanno ancora troppo poco contro il terrorismo di matrice islamica. Che ruolo possono avere la politica internazionale e la diplomazia per stanare i Paesi canaglia che foraggiano le centrali del terrore? «Tutto l'Islam più moderato, e con esso le tante comunità islamiche presenti in Europa, hanno il dovere di fare di più. Non solo a parole, ma con i fatti. Incominciando a denunciare e collaborare con le varie polizie. Solo cosi riusciranno a spiegare a tutti che Islam non equivale a fondamentalismo».

Lei sta per lasciare l'Italia. Qual è il bilancio della sua esperienza? «Sono innamorato dell'Italia. La cultura, la gente, le bellezze naturali, il cibo. Siete una grande nazione e tra voi e noi israeliani ci sono tante affinità. Per me è stato un onore rappresentare Israele in Italia».

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