giovedi` 28 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Libero Rassegna Stampa
18.05.2015 Israele all'Expo: un campo verticale per sfamare il pianeta
Analisi di Attilio Barbieri

Testata: Libero
Data: 18 maggio 2015
Pagina: 17
Autore: Attilio Barbieri
Titolo: «Un campo verticale per sfamare il pianeta»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/05/2015, a pag. 17, con il titolo "Un campo verticale per sfamare il pianeta", l'analisi di Attilio Barbieri.


L'inaugurazione del padiglione di Israele all'Expo

C'è un Paese che ha preso maledettamente sul serio il tema dell'Expo, nutrire il pianeta. Si tratta di Israele che ha giocato la propria presenza alla kermesse di Rho, proprio sul racconto di come, a partire dagli anni Trenta, i primi coloni ebrei iniziarono a rendere coltivabili terre fino ad allora improduttive.

All’inizio fu l’acqua: decine di chilometri di tubazioni stese nel deserto. Vinta la sfida dell’irrigazione, ad un certo punto gli israeliani si resero conto che l’acqua necessaria era tanta. Troppa. E a metà degli anni Ottanta, iniziarono ad applicare su vasta scala il metodo dell’irrigazione goccia a goccia. Consumi idrici abbattuti del 50 per cento e rese raddoppiate, con la possibilità di coltivare addirittura il riso nei terreni aridi e meno fertili.

Il campo verticale che accoglie i visitatori all’ingresso del padiglione d’Israele all’Expo esprime proprio il senso della sfida. Le tecnologie applicate all’agricoltura consentono di ottenere risultati impensabili soltanto fino a un decennio fa. Il concetto è esplicitato sotto forma di racconto, forse un po’ troppo didascalico, nelle sale in cui si suddivide l’installazione: dai primi tentativi negli anni Trenta, fino alla conquista, al deserto, di vaste aree che hanno consentito al Paese mediorientale di diventare uno dei maggiori produttori di ortofrutta nel bacino del Mediterraneo.


L'irrigazione goccia a goccia è stata introdotta in Israele prima di venire utilizzata in tutto il mondo

DESERTO SCONFITTO
Le tappe recenti della colonizzazione del deserto sono state scritte nell’ultimo decennio del secolo scorso. All’irrigazione goccia a goccia è stato accoppiato un sistema di pompaggio dell’acqua alimentato a batterie solari, grazie al quale la tecnica è applicabile non soltanto nelle zone più aride del pianeta, ma anche in quelle del tutto prive di energia elettrica. Una recente applicazione del metodo israeliano ha consentito di rendere coltivabili appezzamenti di terreno molto vasti in Senegal. È la fase tre della sfida iniziata oltre ottant’anni or sono fra la sponda del Mediterraneo e il lago di Tiberiade. Il metodo è esportabile e può davvero dare un contributo decisivo nella lotta alla fame e alla malnutrizione nel mondo. Con buona pace di quanti rimproverano all’Expo di essere andata completamente fuori tema, a cominciare dai profeti di un’esposizione universale agreste, in cui i visitatori avrebbero dovuto cibarsi esclusivamente dei prodotti coltivati in gigantesche serre destinate a riprodurre i climi dei diversi Paesi. Dalle lande aride del Sahel, in Africa, alle terre fertilissime del Midwest americano. Come siggeriva Stefano Boeri, architetto pluritrombato (prima dalla Moratti e poi da Pisapia) che assieme ai colleghi Richard Burdett, Jacques Herzog e William MacDonough faceva parte della consulta per l'Expo.

Ma la sfida per i «campi di domani» - così recita lo slogan che campeggia su un gigantesco schermo digitale all’entrata del padiglione d'Israele - sta diventando realtà anche in Italia. Al Parco Tecnologico Padano, alle porte di Lodi, è stato inaugurato lunedì scorso il «campo dimostrativo» in cui sono applicate tutti gli ultimi ritrovati tecnologici raccontati dagli israeliani all’Expo.

CAMPO DIMOSTRATIVO
Un campo dimostrativo grande poco più di un ettaro, composto da una collinetta artificiale, un frutteto e una serra. L’obiettivo di queste nuove tecniche è quello di produrre di più con meno, per soddisfare i bisogni di una popolazione in crescita preservando le risorse del pianeta, a partire dall’acqua. La collinetta artificiale, alta quattro metri e con una pendenza del 20%, è fatta di terreno arido e ghiaioso. Le condizioni peggiori per coltivare alcunché. Su di essa crescono vegetali tipicamente di pianura: mais, riso, sorgo e soia, che richiedono un forte apporto di acqua. In condizioni normali non germoglierebbero neppure, ma nel «campo di domani» vegetano rigogliosamente, proprio grazie all’uso dell’irrigazione a goccia con pompe alimentate a energia solare.

A Lodi c’era pure Elazar Cohen, commissario del padiglione d’Israele all’Expo, che racconta: «Queste sono le tecnologie applicate all’agricoltura che consentono di raddoppiare le rese, abbattendo il consumo d’acqua o di coltivare i cereali in Paesi dove finora non è stato possibile».

È proprio qui, fra queste zolle aride, rese fertili dall’acqua che vi penetra goccia a goccia attraverso una miriade di tubicini forati, che si percepisce quanto sia vicina la possibilità di vincere la sfida alla fame. Così è nel fuori salone scientifico, a Lodi, che il tema dell’esposizione universale diviene chiaro. Non si dica che non ci ha pensato nessuno.

Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@liberoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT