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Libero Rassegna Stampa
25.10.2007 La priorità del governo Prodi non è evitare l'atomica iraniana
l'analisi di Emanuele Ottolenghi

Testata: Libero
Data: 25 ottobre 2007
Pagina: 11
Autore: Emanuele Ottolenghi
Titolo: «Gli ayatollah fanno i duri, Prodi fa l'iraniano»

Da LIBERO del 25 ottobre 2007, un'analisi di Emanuele Ottolenghi:

Le dimissioni di Ali Larijani sono state un fulmine a ciel sereno. A partire dal capo della diplomazia europea, Javier Solana, ieri a Roma per un vertice con la controparte iraniana, tutti si chiedono cosa significa quest'avvicenda mento e chi sia il successore di Larijani, il sottosegretario agli affari esteri Said Jalili. Larijani era gradito in Europa perchè ritenuto un pragmatico, con cui un accordo appariva possibile. Jalili per contro ha un profilo diverso, meno promettente. A soli 41 anni arriva alla posizione di maggiore influenza sulla politica estera iraniana senza alcuna previa esperienza o familiarità con il dossier nucleare. Si dice di lui che segue lo stile di vita dello scomparso leader supremo, l'Aya tollah Khomeini, all'insegna della semplicità e del rifiuto di lusso e privilegi. È un reduce della guerra con l'Iraq, sopravvissuto a un attacco chimico e con una gamba artificiale. Ma l'aspetto più importante di Jalili è di essere un fedele del presidente Mahmoud Ahmadinejad e l'esecutore, quando era responsabile per l'America Latina agli esteri, della sua strategia "sud-sud", cioè dell'acquisizione per l'Iran del ruolo di nuovo patrono delle rivoluzioni antiamericane nel mondo, attraverso la tessitura di alleanze in Sud America, a partire dal Venezuela. Come Ahmadinejad, è un seguace dell'Ayatol lah Mesbah Yazdi, un leader religioso legato a doppio filo con il messianesimo sciita che crede nella necessità di una guerra per facilitare il ritorno del Mahdi (il messia sciita). Il cambio della guardia

Estromesso da Khomeini, Yazdi è ora tornato in auge, anche grazie a Ahmadinejad. Jalili sarà quindi meno malleabile di Larijani, la cui strategia negoziale era invisa ad Ahmadinejad non per la sua disponibilità a rinunce - che Larijani non ha mai fatto - ma per il fatto stesso di dialogare. In un certo senso, la nomina di Jalili riflette in piccolo il cambio della guardia alla presidenza iraniana quando il "radicale" Ahmadinejad subentrò al "riformista" Mohammad Khatami. In realtà, Khatami non era meno determinato di Ahmadinejad a perseguire il progetto nucleare. La differenza è più di stile che di sostanza in merito ai fini ultimi del progetto nucleare. Ma come l'arrivo di Ahmadinejad ha avuto l'ef fetto di raggelare gli interlocutori occidentali dell'Iran, è plausibile che Jalili, quale fedele esecutore del suo presidente farà altrettanto. Il fatto è che, a prescindere da chi ha l'incarico di negoziare, la posizione iraniana non si è spostata di un millimetro dal 2003, quando cominciarono i negoziati. Le differenze, quindi, sono di stile, ma la strategia non cambia: dividere il fronte occidentale, rallentare il processo diplomatico, seminare discordia, guadagnare tempo. Il gran rifiuto dell'anno scorso

Fu Larijani, dopotutto, a rifiutare sommariamente il pacchetto di straordinari incentivi propostigli l'anno scorso con il sostegno statutinense. Più di un anno dopo, l'Europa si illude ancora di poter negoziare un compromesso senza ricorso a nuove sanzioni, anche quando all'incontro di Roma ci viene un personaggio come Jalili con il nuovo mandato diretto di Ahmadinejad. Per questo il lungo incontro di ieri a Palazzo Chigi tra il presidente del consiglio Romano Prodi, Solana, e la staffetta iraniana Larijani-Jalili è un errore, che mette a nudo le gravi ambiguità della nostra politica estera. Proprio mentre Francia e Gran Bretagna sono pronte ad adottare sanzioni, l'Italia mette il freno all'Europa dichiarando di voler dare ancora tempo al tempo. E questo mentre emerge chiaramente l'inadeguatezza del nostro sistema di controllo delle comunque modeste sanzioni e il continuo flusso di tecnologia avanzata che dall'Italia va verso l'Iran, come è stato rivelato la settimana scorsa da un'inchiesta dell'Espresso. Gli incassi prima di tutto

La prodiana accoglienza di ieri riflette la nostra confusione sull'Iran: preferiamo il dialogo a oltranza, anche con individui come Jalili che crede nell'avvento prossimo del Mahdi, senza riconoscere il problema vero: che la potenza iraniana deve essere contenuta a tutti i costi. Ed è qui il problema: vista la bilancia commerciale con l'Iran, il gesto ospitale di Prodi chiarisce quali sono le priorità di questo governo: i ricchi proventi prima dei nostri interessi strategici.

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