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Shalom Rassegna Stampa
24.04.2015 Il boicottaggio contro le università israeliane: il nuovo antisemitismo
Analisi di David Meghnagi

Testata: Shalom
Data: 24 aprile 2015
Pagina: 16
Autore: David Meghnagi
Titolo: «Il boicottaggio contro le università israeliane: la nuova forma di antisemitismo»

Riprendiamo da SHALOM di aprile 2015, a pag. 16, con il titolo "Il boicottaggio contro le università israeliane: la nuova forma di antisemitismo", l'analisi di David Meghnagi.

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David Meghnagi

 
La conferenza sulla "legittimità" di Israele all'Università di Southampton (poi annullata)

Una vergogna che avrebbe dovuto sollevare indignazione nella maggioranza degli studenti, avere come risposta una mobilitazione degli accademici di ogni ateneo britannico ed europeo. Invece, no. Solo una precisazione delle autorità accademiche dell’Università che il “referendum” pro BDS, promosso dagli studenti, dai docenti e dal personale amministrativo, di una delle più importanti scuole universitarie europee per gli studi afroasiatici e mediorientali (SOAS) non comporta alcun obbligo per le autorità accademiche dell’Università. Il fatto che 1283 studenti della SOAS, pari al 75 per cento dei partecipanti al voto, abbiano votato per l’interruzione di ogni rapporto con la Hebrew University, e che la maggioranza dei docenti e del personale amministrativo e delle pulizie che hanno votato, partecipino al delirio, non significa che le autorità accademiche vi si debbano accodare.

Come hanno affermato le autorità della scuola in un comunicato ufficiale, si è trattato di un’iniziativa autonoma. Per dirla breve un “sondaggio di opinione” che ha coinvolto solo il 30 per cento degli iscritti alla scuola. I rapporti di cooperazione con le università israeliane non sono in discussione. Ma i simboli e le immagini contano. Se la deriva antisemita nelle università può essere derubricata come un “sondaggio di opinione”, che non impegna l’università come tale, c’è da preoccuparsi. Significa che un tabù si è definitivamente rotto e la questione non attiene ai valori condivisi di una comunità scientifica e accademica, ma su aspetti “tecnici”, c’è da preoccuparsi. Neanche ai tempi del boicottaggio contro l’apartheid in Sud Africa, l’apartheid vero, non quello delle accuse false contro Israele, si era mai arrivati a colpire i singoli studenti e ricercatori sudafricani, negando loro il diritto morale di mettere piedi nelle università europee e americane.

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BDS cerca di spingere Israele verso il baratro: "E' per il tuo bene"

A nessuno è mai venuta in mente una simile mostruosità. Neanche contro l’Iran, che nega con decreto di Stato la realtà storica della Shoah e che ogni giorno proclama la volontà di annientare e distruggere Israele, la libera circolazione degli studenti e dei ricercatori è stata messa in discussione. Ci mancherebbe altro. La libera circolazione dei docenti e degli studenti è un valore di civiltà, tanto più da difendere per chi vive in stati autoritari e ha bisogno della solidarietà di chi ha la fortuna di vivere in un’isola felice. Solo contro Israele, unico Stato democratico del Vicino Oriente, dove il diritto vige, si agisce diversamente. Non è già questo un motivo per dire che siamo di fronte alla più grave delle ignominie e al sonno della ragione?

La polemica non si era ancora chiusa, che una notizia altrettanto grave è arrivata dall’Università di Southampton nella Contea dell’Hampshire. L’annuncio di un convegno in cui a essere in discussione non è la politica di Israele ma la sua “natura”. Siamo ormai alla farneticazione delirante: una logica da caccia alle streghe, in cui la demonologia medievale e l’accusa ontologica contro gli ebrei, si salda con le mitologie del terzomondismo e dell’antimperialismo dei mentecatti, per demonizzare lo “stato degli ebrei”.

Nel delirio anti israeliano “la colpa” di Israele è una “colpa originaria”, legata all’idea stessa di uno stato ebraico. Nella vulgata dell’antisionismo di sinistra da questa colpa ci si libera “convertendosi”. Nell’islam politico e radicale, con la distruzione fisica.

La deriva cui assistiamo, è il frutto di una costruzione ideologica che viene da lontano. E’ il risultato di un’alleanza perversa nata dalla confluenza di elementi ideologici, politici e culturali diversi, non necessariamente riconducibili a uno stesso registro: il rifiuto antisionista di matrice comunista e terzomondista, l’antisemitismo di matrice cristiana, il rifiuto antisemita e antisionista di matrice araba e islamica, la politica sovietica e il crescente peso sulla scena internazionale delle potenze petrolifere. Siamo di fronte a una costruzione ideologica di lungo periodo, che per essere combattuta richiede in primo luogo una capacità cognitiva ed emotiva degli elementi che hanno sostenuto lungo l’arco di mezzo secolo l’intero processo e che con il crollo delle grandi ideologie del Novecento appaiono disseminati in modo trasversale, potenzialmente letale.

La denuncia necessaria non basta. L’educazione cui si appellano le istituzioni ebraiche negli incontri con le autorità, se non è sorretta da un’adeguata comprensione del problema e della sua profondità, rischia di essere un’arma spuntata. Non basta “saperne di più”. Sono in gioco le categorie del pensiero, il modo di guardare alla realtà in un mondo che cambia velocemente in cui chi dovrebbe intervenire per cambiare le cose, non ha gli strumenti culturali adeguati per affrontare il problema.

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