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Shalom Rassegna Stampa
16.09.2014 La guerra a ogni costo: tante le occasioni sprecate da Gaza
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Shalom
Data: 16 settembre 2014
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Gaza, tutto quello che avrebbe potuto essere»

Riprendiamo da SHALOM di settembre 2014, a pagg. 10-11, con il titolo "Gaza, tutto quello che avrebbe potuto essere", l'analisi di Fiamma Nirenstein.


Fiamma Nirenstein


Le serre lasciate da Israele a Gaza...


...e quello che ne resta oggi

Niente è stato mai più evidente, più trasparente della guerra Zuk Eitan che stenta a concludersi. Sia le due forze in campo che i motivi dello scontro non lasciano spazio a dubbi, la loro natura e la loro dinamica sono evidenti, quindi tanto più dolorosa è l'ondata di odio, di antisemitismo mai visto prima che ha invaso l'Europa. Che una manifestazione a Berlino potesse inalberare cartelli con scritto "morte agli ebrei" è una vera tragedia per l'Europa, che mostra così di aver perduto la memoria e l'onore. Ho raccontato più volte nei dettagli come la guerra sia scoppiata il 7 luglio senza possibilità di scelta e con molta ritrosia da parte di Israele e come non abbia niente a che fare, come invece è stato suggerito, con una eventuale "vendetta" per il rapimento e l'uccisione dei tre studenti. In quel caso, l'azione di Israele è consistita in un doveroso rastrellamento del territorio intorno a Hevron, che non ha niente a che fare con Gaza, e che si è fermato esattamente nel momento in cui purtroppo sono stati trovati i corpi dei ragazzi. Bisogna ricordare invece che da Gaza si sparavano già missili contro la popolazione israeliana del sud durante quei giorni, e la loro frequenza si intensificava per mettere con sempre maggiore rilievo l'accento sulla forza militare di Hamas, già esaltata dal rapimento, allo scopo di collocare l'organizzazione islamista in prima fila nella battaglia contro Israele in un momento molto delicato. Infatti si era appena formato un governo di coalizione fra Fatah e Hamas: Hamas, possiamo dire, ha intensificato con l'aggressione a Israele la sua escalation verso la conquista egemonica del mondo palestinese, prima nell'West Bank con il rapimento e poi "in progress" con le armi a sua disposizione, i missili, e i razzi a pioggia sulla popolazione civile. Solo un mese dopo Israele ha scoperto una grande congiura armata di Hamas contro Fatah nell'West Bank, davvero una bella coalizione. Che Israele non avesse scelta fuorché quella di difendersi, è del tutto evidente: l'hanno ripetuto perfino Obama e l'Unione Europea, e sembra così strano che si debba affermare che se si spara massicciamente sulla popolazione, sta alla base del patto sociale che lo Stato debba affrontare il nemico e bloccarlo con tutte le sue forze. Se poi il nemico usa la sua popolazione, peraltro schiava come nel caso di Gaza, come scudi umani, ogni virgola del diritto internazionale lo ritiene responsabile della loro sorte. Ma di questo abbiamo parlato tante volte. C'è chi addirittura parla di Gaza, totalmente sgomberata dal 2005, come di un territorio occupato, offerente, vittima dell'egoismo di Israele. Ma anche se si va indietro nel tempo, Israele ha già tentato due volte di creare condizioni di normalità per Gaza e il risultato è stato passare dai terroristi suicidi al bombardamento sistematico delle proprie città. Ricordiamo che nel 1993, dopo gli accordi di Oslo, Israele passò all'Autorità Palestinese il controllo civile di Gaza. Lo fece esattamente come lo aveva fatto nell'West Bank, da dove ho visto con i miei occhi i soldati che se ne andavano tutti quanti dalle città palestinesi, e Arafat che arrivava con l'elicottero a Betlemme, Gerico, Ramallah... una ad una, di ritorno dalla Tunisia per volontà di Israele. Restò nella mani dello Stato Ebraico la parte molto minore della Striscia dove si trovavano gli insediamenti. Nel '98 fu aperto un aeroporto a Gaza, nell'estate del 2000 un moderno porto commerciale. Arafat si fece una gran bella villa a Gaza, la signora Clinton vi andò a trovare sua moglie Suha. Nel ‘99 era stato creato un corridoio per auto, autobus e camion dall'Erez Crossing fino all'West Bank, una specie di prefigurazione dello Stato Palestinese, quando sembrava vicino, e questo nonostante numerosissimi attentati. Poi ci fu la Seconda Intifada, con più di mille morti israeliani nei caffè, sugli autobus, per le strade di Gerusalemme. Israele bombardò il porto e l'aeroporto e si difese dall'ingresso dei terroristi ma dopo relativamente poco tempo avviò un altro speciale processo di pace con Gaza. Nel 2005 Ariel Sharon decise di provare una soluzione molto audace: un ritiro unilaterale fino all'ultimo soldati e abitante ebreo della Striscia; l'itnatchtut ebbe luogo nella disperazione di poco meno di diecimila persone, il valico di Erez fu tutto rinnovato. Shimon Peres parlò della novità come dell'inizio di una grande collaborazione scientifica e industriale, immaginò una ferrovia che avrebbe connesso Gaza all'West Bank e poi imaginifici sviluppi per un nuovo Medio Oriente. Intanto, compagnie europee e americane interessate alla pace mandavano aiuti ai palestinesi perchè il bel sistema di serre ideato e operato dai settler seguitasse a fornire fiori e pomodorini nelle mani della nuova operosa istituzione autonoma di Gaza. Intanto consorzi internazionali progettavano un nuovo aeroporto, il porto, ferrovie. Ma andò come andò: ho visto smembrare a pezzi le strutture agricole e industriali di Gaza, picconare le sinagoghe, appiccare incendi. Ma più che altro fu il processo politico interno a distruggere ogni possibilità di salvezza di quella tragica lingua di terra. Già dal 2000, prima che Israele importasse da Gaza soprattutto terroristi con la cintura esplosiva, ogni giorno mezzo milione di persone lasciavano la Striscia e lavoravano in Israele. Nel 2005 il numero, scrive Tovh Lazaroff sul Jerusalem Post, era calato in maniera drammatica a 31.424. Nel gennaio 2006 Hamas vinse le elezioni, poco dopo fu rapito Gilad Shalit, le restrizioni crearono una situazione sempre più drammatica per la popolazione. Nel 2007 lo scontro con Fatah divenne una vera guerra, tutti ricordano come gli uomini di Hamas sparavano ai ginocchi dei nemici di Fatah, li uccidevano senza pietà gettandoli dagli edifici più alti. E le restrizioni di conseguenza divennero sempre più serie per motivi di cogente sicurezza, i valichi di Karni, Sufa, Nahal Oz vennero chiudi, solo Kerem Shalom rimase aperta per il traffico dei camion che portano merci dentro Gaza. Ma anche qui il meccanismo è quello dell'autodistruzione, o meglio la distruzione di qualsiasi rapporto che possa avere una forma umana. Con i miei occhi ho visto che da Gaza anche durante questa guerra, la terza da quando dal 2001 Israele è irrorata di missili, una pioggia di fuoco ha impedito a Kerem Shalom di lasciare entrare i 140 camion carichi di beni che ogni giorno, anche in tempo di guerra, portavano cibo e medicinali ai palestinesi. I tunnel che nel tempo i palestinesi si sono costruiti sia per portare attacchi terroristici che per portare beni vari dentro Gaza senza dover passare dai valichi israeliano e egiziano, sono stati presi di petto, prima che da Israele, dall'Egitto di Abdel Fattah al Sisi, il nuovo presidente egiziano. Sisi dopo aver esautorato la Fratellanza Musulmana del precedente presidente Morsi, il suo nemico, ha distrutto i tunnel e anche le case presso Rafah formando una zona cuscinetto di tre chilometri. Hamas è parte della Fratellanza Musulmana, Sisi lo odia. Gaza è declinata ulteriormente rispetto alla sua condizione sociale, al lavoro, alle condizioni della vita civile via via che Hamas invece incrementava il numero delle gallerie e la qualità dei missili con l'aiuto del Qatar e dell'Iran. La popolazione di Gaza nel corso di tutti questi anni è stata prigioniera di Hamas, ma una prigioniera volenterosa, spaventata, che ha votato per i suoi aguzzini: sono pochissimi i segnali di ribellione nonostante l'uso spietato dei civili come scudi umani e la distruzione che si è abbattuta su Gaza a causa dell'insistente, reiterato, ostinato uso dei missili il cui silenzio avrebbe in ogni momento ricevuto come Netanyahu ha più volte ribadito (Shechet yaane be schechet, al silenzio risponderà il silenzio) una risposta pacifica. Hamas ha rovinato Gaza e intende continuare a farlo anche se oggi si nasconde dietro l'affermazione che la sua è una richiesta relativa all'apertura dei confini e che si impegna per il bene dei cittadini: Hamas si impegna soltanto per perseguire la distruzione di Israele, per potere ricostruire le gallerie, per avere i soldi per rifocillare la sua riserva di missili. L' apertura dei confini c'è stata, e anche molto di più, su Gaza come abbiamo spiegato è stata investita una speranza di pace che è stata distrutta, perché Hamas mente quando parla di ricostruzione, apertura, libera circolazione di fatto si ripropone senza vergogna come un'organizzazione barbarica religiosa, che ha in mente la distruzione non solo di Israele ma di tutto ciò che ritiene di ostacolo all'imposizione sul mondo del califfato mondiale. Hamas avebbe potuto provare mille volte ad avere un comportamento razionale, teso al bene dei suoi cittadini, e ha sempre reagito in senso opposto. La sua tendenza naturale è quella tipica dell'Islam radicale in Iraq, in Siria, in Pakistan, in Afghanistan, in Somalia e in Nigeria. Le sue prime vittime sono i musulmani stessi, come si è visto nella guerra con Fatah, e il numero delle vittime lungi dall'essere deterrente è per loro un incoraggiamento. Non c'è accordo con Hamas, solo la deterrenza può funzionare con i terroristi. Non è solo il contesto israelo-palestinese che lo dimostra, ma quello mondiale. E' indispensabile risvegliare chi vuole capire alla necessità di un atteggiamento attivo, mai tanti Hamas sono stati in movimento, tanti cristiani e tanti ebrei sono stati in pericolo. La storia di queste organizzazioni è sempre la prova che tregua, pace, accordo, sono parole senza senso per loro.

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