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Informazione Corretta Rassegna Stampa
24.08.2015 IC7 - Il commento di Giacomo Kahn: Immigrazione e islamismo
Dal 16 al 22 agosto 2015

Testata: Informazione Corretta
Data: 24 agosto 2015
Pagina: 1
Autore: Giacomo Kahn
Titolo: «IC7 - Il commento di Giacomo Kahn: Immigrazione e islamismo»

IC7 - Il commento di Giacomo Kahn
Dal 16 al 22 agosto 2015

Immigrazione e islamismo

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Un dibattito vacuo, leggero, privo di contenuti, ma soprattutto di soluzioni sta accompagnando l'estate 2015, almeno per quella parte che è già trascorsa. Sarà stato il caldo che ha oppresso per lunghe settimane, ma la sensazione è che l'afa abbia soppresso non solo le forze ma anche le idee e la capacità di giudizio, trasformando in un puro chiacchiericcio da bar, quello che dovrebbe essere invece il tema dei temi: le società occidentali sono oggetto di una trasformazione che ne metterà a breve in pericolo la loro stessa sopravvivenza.

Quanto meno saranno in pericolo i valori sui quali si fondano le nostre democrazie: uguaglianza, libertà di espressione e di praticare la fede e certezza del diritto. È in corso infatti un doppio conflitto, un attacco su due fronti, che l'Europa delle diplomazie e dei burocrati si sforza di non vedere, così pensando che il problema non esista: uno spostamento di dimensioni bibliche di popolazioni di lingua e cultura araba (provenienti dal nord Africa e dal Medio Oriente), insieme ad una costante e crescente minaccia terroristica lanciata da gruppi jihadisti, da estremisti islamici, dall'Isis, tutti che aspirano ad esportare in Europa la violenza e le brutalità che stanno applicando a casa loro, in nome di un Dio che, secondo loro, chiede di mozzare mani e teste, di fustigare e di segregare donne, credenti di altre religioni e omosessuali.

Una guerra contro l'Occidente che si combatte sul campo, con gli armamenti, gli attentati e gli sgozzamenti, ma che si combatte anche per mare attraverso l'arma della demografia, lanciando sulle coste italiane e greche migliaia di disperati, la cui pressione numerica, l'incapacità oggettiva di aiutare tutti, di offrire a ciascuno vitto e alloggio, un lavoro, una sopravvivenza economica, costituisce un'enorme minaccia alla stabilità e alla sicurezza di tutti i paesi europei. Ed in effetti le sommosse, le proteste, gli scontri con le forze dell'ordine sono già scoppiate.

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Davanti a questi grandi fenomeni sociali e politici ci si aspetterebbe grandi soluzioni o quanto meno una grande capacità di analisi, invece le cronache ci raccontano di piccoli accordi franco-britannici per bloccare i migranti che vogliono entrare nell'Eurotunnel, di barriere che si costruiscono tra Macedonia e Grecia, di vane attese italiane per avere il via libera dall'ONU per poter distruggere i barconi sulle coste libiche (perché ci voglia una risoluzione ONU, che potrebbe anche non venire mai, qualcuno lo dovrebbe spiegare).

Insomma ognuno sembra andare per la sua strada, una strada il più lontano possibile dalle coste mediterranee, come se il problema fosse lì e non invece nei paesi di origine di questi disperati. Come se il problema fosse solo quello, doveroso, di salvare vite umane e non anche quello di salvare l'Europa da una pressione umana che se non gestita, se non regolarizzata, trasformerà culturalmente e urbanisticamente le nostre città, come per altro già si vede in molte periferie urbane del Nord Europa. La stessa determinazione a non essere determinati, lo stesso approccio a ranghi sciolti, l'Europa lo ha anche nei confronti del terrorismo islamico (bene ha detto il Presidente Mattarella, che ha parlato di una minaccia che può portare alla terza guerra mondiale).

Nessuno dubita dell'impegno delle forze di polizia e dell'intelligence a prevenire e a bloccare ogni minaccia, ma si tratta per l'appunto solo di un impegno investigativo, di un approccio da ordine pubblico e di contrasto. Manca il salto qualitativo nella lotta all'Isis, quello politico, militare ma soprattutto strategico. Così diventa francamente insopportabile ascoltare e leggere le solite litanie ogni volta che le cronache devono raccontare dell'ultima brutalità, dell'ultimo sfregio che gli uomini dell'Isis commettono contro i loro simili e contro il patrimonio artistico e culturale (come nella recente esecuzione del direttore del sito archeologico di Palmira, in Siria).

Non si può piangere i morti sgozzati e non fare niente, o fare molto poco come mettere a lutto i musei italiani per ricordare Asaad. C'è troppa contraddizione tra la solidarietà a parole e le azioni concrete che non si intraprendono. Così avanza un'idea, un sospetto. Non è che alcuni, anche tra politici e militari, cominciano a pensare che ad oggi l'Isis sul suo territorio sia non sradicabile e sostanzialmente inattaccabile? Non è che in questa fase, trattandosi di una guerra localizzata anche se la minaccia è globale, sta prevalendo la tentazione di dire: 'che si scannino fra di loro, a casa loro?' Sarebbe cinico, ma almeno sarebbe la verità.

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Giacomo Kahn, direttore del mensile Shalom


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