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Informazione Corretta Rassegna Stampa
31.10.2014 Nuovi autobus per i palestinesi che lavorano in Israele: per il Vaticano è 'apartheid'
Commento di Dario Sanchez

Testata: Informazione Corretta
Data: 31 ottobre 2014
Pagina: 1
Autore: Dario Sanchez
Titolo: «Nuovi autobus per i palestinesi che lavorano in Israele: per il P.I.M.E. è 'apartheid'»

Nuovi autobus per i palestinesi che lavorano in Israele: per il Vaticano è 'apartheid'
Commento di Dario Sanchez


Taxi collettivi (sherut) nei quartieri est di Gerusalemme

Cari amici,

Chiunque di noi abbia a cuore la diffusione di una informazione corretta su quanto avviene in Medio Oriente, è vaccinato a leggerne di balle sia cotte sia crude sul conto di Israele tanto sulle pagine della stampa tanto sui siti internet della disinformazione propalestinese: capitano tuttavia delle volte in cui la fantasia dei propagandisti dell’odio, dei terroristi travestiti da improbabili candide colombe - magari, come questa volta, in tonaca da prete - superi di gran lunga la più fervida immaginazione, mettendo a nudo tutte le paranoie e le sindromi persecutorie di cui soffrono questi antisemiti moderni.

Secondo "Asia News”, organo ufficiale del P.I.M.E. (Pontificio Istituto Missioni Estere), che ha come scopo “l’evangelizzazione dei non-cristiani dell’Asia” e il sostegno alle comunità cristiane (cattoliche) di storica e recente fondazione, la notizia che Israele sta cercando tramite un poderoso riordino del trasporto pubblico di migliorare le condizioni di viaggio dei lavoratori transfrontalieri dei territori contesi che ogni giorno varcano la frontiera con Israele per andare a lavoro nasconderebbe in realtà un tentativo di apartheid da parte del mio Paese nei confronti degli arabi. (http://www.asianews.it/notizie-it/Gerusalemme:-crescono-le-tensioni,-insieme-a-razzismo-e-insediamenti-32534.html)

Sì, amici miei, proprio così: garantire agli arabi che vengono ogni giorno a lavorare in Israele un trasporto celere e per la prima volta diretto dai loro villaggi e cittadine al posto di lavoro è, secondo i preti, una gravissima offesa ai danni della dignità umana di questi lavoratori. E permettono dunque a Joshua Lapide, già ospitato nei suoi deliri nelle pagine della ONG “bocche scucite - voci dai territori occupati” di affermare che “davanti a una situazione che s'incancrenisce sempre più, fra gli israeliani cresce il sospetto verso tutti i palestinesi con aspetti evidenti di razzismo. Dal mese prossimo, tutti i lavoratori palestinesi che vengono a lavorare in Israele, provenendo dalla Cisgiordania, non potranno più prendere gli stessi autobus utilizzati dagli israeliani e dovranno entrare e uscire dal passaggio di Eyal vicino a Qalqiliya, costringendoli a percorsi più lunghi e faticosi”.

Niente di più falso. Vediamo ora il perché. Ad oggi, un trasporto integrato tra Israele e Territori Contesi è pressoché inesistente, e si limita ad alcuni sherut (taxi collettivi) gestiti da una compagnia araba che collega alcune cittadine e villaggi arabi della Giudea e della Samaria alla Porta di Damasco a Gerusalemme: questo ha obbligato per decenni i lavoratori arabi che hanno un lavoro in Israele a dipendere da questo servizio - diventato ormai insufficiente per via della crescita demografica e dei cambiamenti interni alla società araba dei territori contesi, che vede ad esempio un consistente aumento dell’occupazione femminile rispetto al 1967, con conseguente aumento degli utenti che usufruiscono del trasporto pubblico locale - o in alternativa ad effettuare numerosi cambi (in genere due, a volte tre: autobus “arabo” fino alla frontiera, e da lì compagnia di linea israeliana una o due volte) per arrivare a lavoro. Una situazione oggettivamente insostenibile sia di tempi di percorrenza (viaggi virtualmente di mezz’ora-quaranta minuti possono arrivare a triplicare per via dei trasbordi e dei controlli alla frontiera), sia in termini di dignità dell’utenza (pullman sovraffollati), sia economici per i datori di lavoro israeliani: in Israele infatti è usanza comune da parte dei datori di lavoro di dare un rimborso spese ai lavoratori transfrontalieri, datori di lavoro che potevano arrivare a dover rimborsare fino a ben sei (sei!) biglietti a giornata. Tutto questo, dal mese prossimo, finalmente finirà: i lavoratori arabi avranno delle linee che partendo dalle loro cittadine e ai loro villaggi arriveranno direttamente in Israele, senza trasbordi. Nel pratico: tempi dimezzati, più corse, più posti a sedere, un solo biglietto (invece che due-tre) , controlli di frontiera più efficienti e rapidi perché effettuati su un solo valico che sarà appositamente dedicato a questo scopo, quello di Eyal. Aspetto non meno importante: la creazione di queste linee, che sarà completamente affidata nelle mani delle compagnie arabe già operanti nei territori contesi, creerà nuovi posti di lavoro a tutto vantaggio dei giovani dei territori. Ditemi… che razza di Apartheid è mai questo?

L’accusa di voler separare gli arabi dagli ebrei, impedendo ai primi di prendere lo stesso autobus, è assurda oltre che pretestuosa, e tradisce tutta la malafede del volutamente disinformato Lapide: i lavoratori arabi dei territori sono ad oggi costretti a prendere gli stessi autobus frequentati dagli israeliani (a proposito: qualcuno vuole per favore ricordare a Lapide che essere israeliani non coincide automaticamente con l’essere ebrei?) nel corso di numerosi trasbordi perché non hanno altra scelta, non perché lo vogliano.

Questi lavoratori provengono da cittadine e villaggi al cui ingresso campeggiano enormi cartelli rossi plurilingue in cui si invita minacciosamente agli israeliani di stare alla larga dall’abitato, pena severe conseguenze: conseguenze rafforzate di vecchie notizie, che ancora riecheggiano nelle raccomandazioni dei genitori israeliani ai loro ragazzi, di ciò che è successo agli incauti e agli imprudenti che per curiosità, imprudenza o semplice distrazione hanno osato sfidare questo divieto rosso come il sangue. Il P.I.M.E. , l’autorevolissimo P.I.M.E. che sputa nel piatto in cui migliaia di cristiani perseguitati hanno trovato riconoscimento e protezione, lo Stato di Israele, farebbe bene a ricordare (e a ricordarsi) piuttosto che dare voce ai deliri di questo folle che nei villaggi arabi della Giudea e della Samaria, fino ad anni non troppo lontani, giovani ebrei rei spesso solo di aver sbagliato strada ancora morivano quasi in croce.

O forse, il P.I.M.E, più semplicemente, ha confuso i deliri di Lapide con una storia tutta italiana di questi giorni - a mio avviso questa si davvero vergognosa - ai danni di altri grandi perseguitati del ‘900, i Sinti e i Rom: (http://www.ansa.it/piemonte/notizie/2014/10/24/proposta-choc-bus-separati-per-rom_bfb9be8b-3141-40e2-9f5c-f7ff59e9885c.html). Non mi pare tuttavia che i preti si siano ancora mossi per fermare questa aberrazione. Attendiamo fiduciosi, pronti a dare lezione a chi confonde senza alcuna vergogna il Piemonte con Israele. E riconoscetemelo, ce ne vuole.


Dario Sanchez 


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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