venerdi 29 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
11.08.2014 IC 7 - Il commento di Federico Steinhaus
Dal 03/08/2014 al 09/08/2014

Testata: Informazione Corretta
Data: 11 agosto 2014
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: «Il commento di Federico Steinhaus»
ll commento di Federico Steinhaus
Dal 03/08/2014 al 09/08/2014


Dopo il ritiro israeliano da Gaza l’unica domanda importante, la risposta alla quale peserà come un macigno sul futuro degli israeliani, è questa: Chi ha vinto veramente? Dal punto di vista militare non vi è dubbio che abbia vinto Israele. La compattezza del popolo d’Israele, pur nelle critiche anche feroci nei confronti del suo leader dubbioso ed esitante, è stata quella, straordinaria, dei momenti più gravi per il destino della nazione, i momenti in cui se ne potrebbe decidere la sopravvivenza stessa come stato. La capacità di resistere con stoicismo alle migliaia di missili (3.360, di cui 584 intercettati dalla Cupola di ferro) che colpivano per la prima volta ogni angolo del territorio è stata eroica. Anche politicamente è Israele il vincitore: il sostegno esplicito e forte dell’Egitto, il silenzio della Giordania, dell’Arabia Saudita, degli Emirati, della stessa Lega Araba, sono stati , oltre ogni previsione, una presa di distanza da Hamas; la paralisi di Hezbollah, impegnato in Siria, ha evitato l’apertura di un secondo fronte a nord, potenzialmente disastroso per Israele. Ma esiste anche il rovescio di questa medaglia. Hamas ha dato prova di non essere più un insieme di gruppi violenti ed anarchici, bensì una forza efficacemente organizzata, ottimamente armata, strategicamente e tatticamente formidabile. Malgrado la bieca violenza della sua dominazione la popolazione vede in Hamas l’unico vero avversario di Israele e l’unico affidabile difensore della causa palestinese; se Hamas non è amato dagli abitanti di Gaza che subiscono le conseguenze della sua violenza, è invece amato dai palestinesi della Cisgiordania, che non apprezzano la politica di Fatah. Israele inoltre ha approfondito il solco che lo separa dagli Stati Uniti e l’antisemitismo che si è risvegliato ovunque e specialmente in Europa sottolinea questa frattura. A proposito di antisemitismo, va evidenziato quanto esso sia endemico: in Europa è come un fiume carsico, che scorre lento sotto la superficie e ad ogni occasione emerge, sconvolgendo certezze e sommergendo i fragili segni di civiltà. L’UNICEF spara sui teleschermi le fotografie dei bambini di Gaza per promuovere le sue attività, il Comitato ONU per i diritti umani critica gli Stati Uniti per non aver fornito anche a Gaza, oltre che ad Israele, i finanziamenti per realizzare una analoga “cupola di ferro” contro i missili, Pax Christi si scatena con conferenze e proclami; le immagini da Gaza prevalgono ovunque su notizie ed analisi che ci dicono, ad esempio, che il rapimento e l’uccisione dei tre ragazzi era stata finanziata da Hamas e che Hamas si fa scudo dei civili allo scopo premeditato di scuotere il mondo e mettere in difficoltà Israele. Ora che Hamas si è assunto pubblicamente la responsabilità di riprendere i combattimenti forse qualcosa cambierà nella pubblica opinione e nell’atteggiamento internazionale, ma non dobbiamo illuderci che l’odio antiebraico cessi come per incanto di avvelenare gli animi. Abu Mazen, quasi scomparso dalla scena, è in realtà la figura centrale di uno scenario che potrebbe modificare il futuro della regione: se lui avesse il coraggio di assumere il controllo di Gaza emarginandone Hamas si creerebbe il presupposto politico per una rapida risoluzione del quasi secolare contenzioso fra Israele e gli arabi palestinesi. Impedire la saldatura del Califfato dell’ISIS in Iraq e Siria con l’islamismo turco e quello di Hamas a Gaza è ora la priorità per la Giordania, per l’Egitto, per l’Arabia Saudita – e per Israele. Mai come ora, dopo la guerra del 1973, il futuro d’Israele e dell’intero Medio Oriente è stato in bilico, ma questo dato potrebbe favorire proprio chi, nel campo arabo, ha a cuore la pace più di quanto possa desiderare una vittoria militare.


Federico Steinhaus

http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT