sabato 27 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
25.01.2011 Il significato della Memoria
i consigli letterari di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 25 gennaio 2011
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «Il significato della Memoria»

Il significato della Memoria
di Giorgia Greco


Giorgia Greco

Il rischio che il Giorno della memoria diventi un’occasione esclusivamente istituzionale esiste. Ma è proprio l’imminente scomparsa degli ultimi sopravvissuti insieme alle forti tensioni negazioniste che si odono da più parti a rendere il 27 gennaio (data che ricorda l’arrivo nel 1945 dell’Armata Rossa ad Auschwitz) un momento imprescindibile per una riflessione di carattere storico, politico ed educativo che coinvolga, in un percorso di crescita, soprattutto le giovani generazioni.
Perché, come scrive lo storico Marcello Pezzetti “una società civile per avere un futuro, non può non confrontarsi con il suo passato e in particolare con la Shoah”: un’immane tragedia che non appartiene solo agli ebrei.
Chiunque viva in una società democratica e libera ha il dovere di conoscerne la storia, le evoluzioni e le conseguenze terribile che si sono riversate anche sulle seconde generazioni, in termini di vuoto interiore e solitudine. Altrimenti senza questa presa di coscienza vengono meno le fondamenta per costruire una corretta coscienza civile con il rischio che prevalga l’indifferenza, l’intolleranza e un diffuso senso di irresponsabilità.
Per non correre il rischio di vanificare questa importante occasione di riflessione nella quale ciascuno di noi diventa custode della memoria, conoscitore del passato per proteggere il futuro, gli incontri istituzionali e i discorsi pubblici non bastano.
Questa pagina di Storia che ha segnato un confine per tutta l’umanità al punto che dopo Auschwitz il peso di quella catastrofe vive in noi, deve essere costantemente studiata e approfondita con l’ausilio di documentari storici ma anche avvalendosi delle pubblicazioni che il mercato editoriale offre ogni anno, frutto di nuovi studi e ricerche.
In questa Giornata che in tutta Italia è dedicata al Ricordo e che viene celebrata con iniziative varie che coinvolgono il mondo della scuola, con dibattiti, incontri con testimoni, noi di Informazione Corretta desideriamo proporvi alcuni spunti di lettura e approfondimento perché a parere di chi scrive la “conoscenza” che passa anche attraverso la letteratura, rimane un antidoto all’oblio, un’arma implacabile contro il negazionismo e un monito per chi dopo aver pianto dinanzi alla testimonianza di un sopravvissuto demonizza e delegittima lo Stato degli ebrei.


E’ un piccolo libro prezioso quello di Irit Amiel (edizioni Keller) intitolato “Fratture
Dopo la Shoah non esistono solo i sommersi o i salvati ma anche coloro che hanno scampato l’orrore per poi essere condannati a vivere con un fardello di ricordi, incubi e rimpianti ma al tempo stesso non hanno rinunciato ad aspirazioni e desideri. E’ questa la condizione umana che la poetessa e scrittrice israeliana, approdata in Palestina nel 1947 dal ghetto polacco di Cestocova, mette in luce in questi 23 racconti brevi raccontando le vicende di ex bambini risparmiati dai rastrellamenti e nascosti negli scantinati, fuggiaschi del ghetto, sopravissuti ai campi. Amiel narra la loro solitudine, l’arrivo in Palestina, il richiamo all’ideologia socialista dei kibbutz. E anche la propria storia di ragazzina che lasciò Cestocova in tempo per attraversare l’Europa verso la terra promessa. In un incessante intreccio tra passato e presente compone un mosaico dove i ricordi di allora riemergono nell’attualità di Israele, da più di 40 anni impegnato in una guerra per il suo diritto ad esistere. L’angolazione di questo libro dimostra che sulla Shoah vi è ancora tanto da scrivere.


L’alba ci colse come un tradimento…I vagoni erano dodici e noi seicentocinquanta…in viaggio verso il nulla, in viaggio all’ingiù, verso il fondo”.
Sono le parole che Primo Levi scrive nel suo capolavoro “Se questo è un uomo”, ma anche il titolo di un saggio imperdibile edito da Mondadori di Liliana Picciotto, la più importante storica della Shoah e responsabile di ricerca presso il Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano che racconta gli ebrei nel campo di Fossoli 1943-1944 e dunque il ruolo italiano nella Shoah e la decostruzione del mito generalizzato di “italiani brava gente”.
Sebbene ci fu chi aiutò gli ebrei, molti collaborarono attivamente all’attuazione della soluzione finale. Il libro di Liliana Picciotto offre pagine fino ad oggi quasi sconosciute e rappresentano un pugno nella coscienza di chi ha voluto credere all’estraneità dell’Italia al progetto criminale di Hitler.
“Con l’allestimento dei campi provinciali prima, di Fossoli poi, quale campo di concentramento per soli ebrei, si delinea chiaramente la responsabilità del governo neofascista nella persecuzione antiebraica, responsabilità che si realizzò con le ricerche, gli arresti, gli internamenti, i sequestri dei beni delle famiglie ebraiche. ….Perché nessuno si poneva domande? Possibile che nessuno si sia mai chiesto chi fossero quei civili giunti alla spicciolata con le loro famiglie, perché partissero a scaglioni, che cosa fossero quei vagoni fermi a Carpi con la paglia per terra e un bidone, e dove fossero diretti?”
La lettura di Se questo è un uomo e del bel saggio di Liliana Picciotto è un modo per non dimenticare mai che il Campo di Fossoli è stato realizzato nel nostro bel Paese e non in un luogo sconosciuto e deserto.


La tragedia degli ebrei italiani si delinea con grande lucidità attraverso le loro voci smarrite e incredule, alla ricerca di una ragione di vita ormai impossibile, nel saggio che Einaudi manda in libreria in questi giorni con il titolo “Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia” degli storici Mario Avagliano e Marco Palmieri.
Dopo un’accurata introduzione che racconta la storia della persecuzione antiebraica nel nostro Paese, i curatori compongono un affresco di testimonianze che, con filo cronologico e tematico, ricostruisce la persecuzione occorsa agli ebrei in una dolorosa discesa verso l’orrore. Sono voci forti e lucide che paiono terribilmente profetiche anche quando traspare l’illusione e una lieve speranza.
“Le testimonianze – spiega Mario Avagliano – sono state raccolte insieme a Marco Palmieri tramite il passaparola, mettendo annunci sul web o su riviste ebraiche. Il risultato è che sono arrivati scritti anche da Israele, dalla Francia e da molti altri paesi oltre che dall’Italia”. Da questi diari e da queste lettere, documenti preziosi perché restituiscono le reazioni delle persone in quel preciso momento storico mentre gli eventi si stavano verificando, emerge chiaramente che, salvo poche eccezioni, gli ebrei italiani credettero fino all’ultimo di potersi salvare e se le leggi razziali furono accolte con sorpresa e meraviglia le deportazioni parevano un’assurdità del tutto impossibile.
E’ ascoltando queste voci che si comprende appieno come questa sia la Storia di tutti, non solo delle vittime o dei loro discendenti. Ognuno di noi con i silenzi e le omissioni del passato è chiamato in causa e nessuno ha il diritto di chiamarsene fuori.

Parole_chiare
I luoghi più significativi della persecuzione e dello sterminio nazifascista ci raggiungono con tutta la loro intensità nel libro “Parole chiare. Luoghi della memoria in Italia 1938-2010 " edito da Giuntina. 
Il volume nato da un progetto di Sira Fatucci e Lia Tagliacozzo, propone un appassionante viaggio nel nostro Paese attraverso gli scritti di sette autori contemporanei. I luoghi di chi ha sofferto la persecuzione sono delineati con grande forza narrativa e intensità emotiva dalle parole di Eraldo Affinati, Elena Stancanelli, Ettore Mo, Emanuele Trevi. Il risultato è una riflessione che, nella forma del reportage letterario, prende le mosse dall’oggi, dalle figure e dalle situazioni che oggi abitano quei luoghi, per ricostruire le vicende avvenute in quei posti al tempo delle persecuzioni.


La denuncia del mito “italiani brava gente” è al centro dell’ultimo saggio di Giorgio Israel, docente di Storia della matematica alla Sapienza di Roma, edito da Il Mulino con il titolo “Il fascismo e la razza”, nel quale lo studioso torna ad esplorare razzismo e antisemitismo durante il regime fascista che varò le leggi antiebraiche nel 1938. Per molti anni la storiografia aveva avallato l’ipotesi che si trattasse di un prodotto di politica estera riconducibile all’alleanza con la Germania di Hitler e non una realtà autoctona sviluppatasi in larga misura autonomamente.
Le ragioni di tanta omertà dinanzi ad una realtà che tutti conoscevano, Giorgio Israel le individua nel blocco formatosi nel dopoguerra negli ambienti accademici e universitari a difesa dei personaggi compromessi con quelle politiche e che avevano tratto vantaggio nel fornire al fascismo la patina scientifica al razzismo.
Israel ricostruisce così con grande dovizia di particolari le vicende che decapitarono il meglio della demografia, della matematica, della chimica e della fisica italiane, per citare solo alcune discipline, a favore degli ariani e del forte contributo che questi dettero alla politica fascista. Ma soprattutto ricostruisce il dopoguerra e l'opera di quel blocco che contrastò un ragionevole accertamento dei fatti. Un blocco che fece sì che anche il libro di De Felice del 1961 Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo - primo tentativo di chiarire gli avvenimenti - finisse per evitare di mettere sotto accusa il mondo accademico italiano, «pur accennando alle sue colpe”. E’ in un insegnamento obiettivo e al passo con i tempi che lo studioso, coinvolto nell’educazione dei giovani, vede il modo più efficace per trasmettere il valore della Memoria alle nuove generazioni.


Tornano in libreria in questi giorni due testi autobiografici che raccontano il rapporto con la memoria dei figli dei sopravvissuti alla Shoah.
Il primo è dell’autrice italiana di origini polacca, Helena Janeczek, “Lezioni di tenebra” riproposto dalla casa editrice Guanda dopo il successo del romanzo Le rondini di Montecassino.
Chi è tornato dai campi di sterminio nel mondo dei vivi inevitabilmente, anche non volendo, trasmette quella terribile esperienza con la linearità ineluttabile delle genealogie, attraverso il sangue e le bizzarrie dei comportamenti quotidiani che emergono da un vissuto drammatico che scava nel profondo.
Lezioni di tenebra è il racconto del rapporto che unisce la giovane autrice alla madre, unica sopravvissuta, assieme al padre, di due famiglie numerose. Sono ebrei di origine polacca vissuti in Germania dove la figlia Helena cresce senza conoscere quasi nulla delle persecuzioni ma anche dell’ebraismo, nell’estraneità al mondo tedesco e nel sospetto della cultura del carnefice, le cui parole ha tuttavia appreso come lingua madre. (“Provavo rabbia per la volontà tedesca di non affrontare fino in fondo quella che fu la loro ampia disponibilità a essere carnefici”). Romanzo sul tema della complessità dell’amore fra madre e figlia, Lezioni di tenebra è uno straordinario resoconto volto a misurare l’altezza dell’”onda lunga”, l’intensità del contraccolpo che quella tragedia ha lasciato nel cuore alla generazione che è venuta dopo e che si sostanzia nell’impossibilità di radicarsi, nel bisogno di appartenenza e nella condanna a sentirsi estranei ovunque.

Di madre in figlia di Helen Epstein
“Sono figlia di due sopravvissuti ai campi di concentramento. I miei nonni paterni, i miei zii, mia zia e mio cugino sono morti ad Auschwitz. I miei nonni materni furono fucilati e gettati in un fosso a Riga”. Sono parole di Helen Epstein, giornalista e scrittrice nata a Praga nel 1947 ed autrice del libro “Di madre in figlia” pubblicato nel 2009 da Forum Editrice, nel quale racconta il suo complicato rapporto con la madre, deportata in un campo di concentramento. E’ del 1982, un anno tumultuoso per gli ebrei italiani con la guerra in Libano e l’attentato alla sinagoga di Roma, la sua opera fondamentale, Figli dell’Olocausto” (in precedenza edito da Giuntina) che torna in libreria in una nuova edizione curata da Forum Editrice e arricchita da una riflessione della storica Anna Foa.
L’opera prima di Helen Epstein affonda le proprie radici nella storia personale e familiare dell’autrice per poi ampliare lo sguardo ad un’intera generazione. Collocato a metà strada tra biografia, autobiografia e reportage, questo libro divenuto un classico tradotto in molte lingue, si sviluppa seguendo due binari paralleli. L’autrice analizza le dinamiche della propria famiglia scavando nei ricordi e nel doloroso passato dei genitori, sopravvissuti allo sterminio e bel contempo cerca un confronto con altri figli dell’Olocausto, i nati dopo la fine della Seconda guerra mondiale che hanno vissuto sulla propria pelle le conseguenze psicologiche della persecuzione. La volontà di documentarne le voci e di confrontare la propria esperienza con la loro spingono l’autrice a viaggiare in Europa, Israele e Stati Uniti per intervistare centinaia di persone che condividono quel vissuto. Il risultato è un percorso drammatico e coinvolgente, un concentrato di umanità attraverso cui Epstein svela gli effetti a lungo termine della Shoah come trauma individuale, familiare e collettivo.

Giorgia Greco


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT