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Da parte di Sergio Romano ci siamo abituati a leggere molte accuse faziose; ma quelle che ha lanciato dalla prestigiosa rivista dell’Aspen Institute nel contesto di un numero dedicato ad Israele rivestono una particolare gravità, al punto da renderle uniche nel vasto panorama dell’antisemitismo militante: che l’intero popolo ebraico, delegando la propria volontà ad un manipolo di facinorosi esaltati, eserciti indebite pressioni sui governi occidentali per costringerli a considerare gli interessi ebraici superiori a qualsiasi altro interesse, fino a modificare la storiografia del Novecento piegandola a queste pretese. Non solo: l’accusa si estende anche alla politica israeliana, che di questo manipolo di esaltati non israeliani sarebbe succube, senza tener conto del proprio interesse nazionale. Quella che segue è una risposta pacata e documentata, una delle molte possibili. LETTERA APERTA A SERGIO ROMANO Egregio dottor Romano, ho letto con attenzione quanto pochi giorni fa lei ha scritto su "Aspenia" – prestigiosa rivista dell’Aspen Institute - a proposito delle da lei presunte intemperanze della classe dirigente ebraica (che lei definisce con il termine spregiativo "nomenklatura", per riportare alla mente la nefasta dittatura comunista: la definizione di classe dirigente, che è equivalente, a lei non sembrava con tutta evidenza sufficientemente offensiva). Da diversi decenni ricopro incarichi nelle istituzioni ebraiche; inoltre mi occupo di analisi dell’antisemitismo e di storia del conflitto arabo-israeliano (poi israelo-palestinese): se lo desidera, può dunque includermi in quella "nomenklatura" che mostra di disprezzare. Avrei voluto rispondere immediatamente alle sue accuse; tuttavia, conoscendo il suo pregiudizio negativo nei confronti di Israele e degli ebrei in generale che fa da sfondo inespresso a molti suoi articoli, ho preferito attendere qualche giorno per sostituire almeno in parte la mia indignazione con una serie di argomentazioni che entrino nel merito di quanto lei scrive. Lanciare una sequela di accuse senza sentire il dovere di documentarne anche solo una occupa molto meno spazio di quanto ne richieda la confutazione: cercherò pertanto di essere sintetico senza essere troppo impreciso. Sulle illazioni * Contrariamente al suo assunto iniziale la diaspora non ha delegato nulla a nessuno, anche perché non ne avrebbe gli strumenti istituzionali e politici . La diaspora è composta da decine di comunità nazionali con una loro storia e le loro peculiarità, da milioni di individui con le loro opinioni politiche e con le loro radici identitarie più o meno solide: il popolo ebraico, appunto, che lei demonizza come una unica entità del male. * Vi sono certamente persone (politici, intellettuali, persone qualunque: di tutto) che pensano, come lei sostiene, che criticare Israele equivalga ad essere antisemiti. Ma vi sono cento volte più persone che sanno distinguere e lo dicono e scrivono ad ogni occasione. Nella recente conferenza dell’OSCE a Bucarest (7-8- giugno) quasi tutti i delegati dei 56 stati membri hanno sottolineato con preoccupazione che l’antisemitismo si sta diffondendo e sta diventando più virulento, e molti hanno indicato un oggettivo collegamento fra l’antisemitismo (come effetto) e l’antisionismo (come causa). Del resto lo ha fatto anche il presidente Napolitano, e lo evidenzia la "working definition" di antisemitismo del Centro di Monitoraggio sul Razzismo e la Xenofobia dell’Unione Europea: sono tutti servi della nomenklatura ebraica, come lei sostiene? * Lei pretende di far credere che "gli ebrei" vogliano imporre "una nuova storia europea del Novecento, scritta alla luce di un solo criterio: l’atteggiamento verso gli ebrei dei governi, degli uomini politici, degli intellettuali". E’ solo per questo , afferma, che molti governi (lei dimentica l’Unione Europea e le Nazioni Unite) hanno istituito la Giornata della Memoria. Tutti i governi dell’occidente, lei afferma, sono succubi di pressioni da parte ebraica che evidentemente li terrorizzano a tal punto da…aprire musei della Shoah! Mi pare che sarebbe difficile trovare una lettura della storiografia e della politica più faziosa e prevenuta di questa. Sui collegamenti Che un governo faccia scelte vitali per la sopravvivenza del proprio paese in base agli umori di una non definita "nomenklatura" straniera (già: gli ebrei americani sono americani, gli ebrei italiani sono italiani….) ed in buona sostanza fondi le proprie scelte strategiche sul calcolo di quanti accusano di antisemitismo chi critica Israele mi sembra quanto meno buffo. E che lei lo possa sostenere mi sembra deprimente (per le sue doti intellettive e per quelle che lei attribuisce ai suoi lettori). Sulla storia * Lei afferma che lo stato d’Israele si fonda "sull’appartenenza comunitaria e sulla tradizione religiosa". E’ un modo ambiguo per accusare Israele, come fanno alcuni e talvolta ha fatto anche lei stesso, di essere uno stato razzista e teocratico. Il che non è vero. Dica ai suoi lettori quale è la razza dominante in Israele (dato che gli ebrei non sono una razza ma un popolo) , dica quali sono le razze di serie B, dica come una teocrazia possa convivere con la presenza pienamente parificata di molte altre religioni e sette (dalle religioni cristiane all’Islam ai Bahai). * Lei si dilunga poi a commentare il distacco della sinistra comunista (la chiami per nome: non la chiami "larghi settori dell’opinione pubblica"!) da Israele dopo il 1967, senza però dire che fu per celebrare un matrimonio d’interesse col mondo arabo (il petrolio, la concessione di basi militari, l’accesso al Mediterraneo). L’ideologia del "Grande Israele" che lei chiama in causa come motivo del distacco a quel tempo era della sola destra, minoritaria ed all’opposizione, non dei governi socialisti. E che dire del suo accenno al massacro di Sabra e Chatila, buttato lì così, con indifferenza, fra accuse di volere un Grande Israele e la politica degli insediamenti? Senza neppure accennare al fatto che il massacro fu perpetrato dai cristiani libanesi con l’avallo siriano! * Arriviamo alla perla che conclude queste sue elucubrazioni: Sharon che (negli anni conclusivi del secolo: che salto cronologico!) avrebbe deciso di creare uno stato palestinese per "dare una casa priva del tetto" ai palestinesi per frenare la crescita demografica degli arabi israeliani! Che israeliani erano, sono e sarebbero comunque rimasti. Già, perché la loro qualità di vita (incluso il godimento dei diritti civili) è la più alta fra tutti i popoli arabi del mondo. E dunque non hanno nulla a che fare con la creazione di uno stato palestinese a fianco di quello israeliano. * Tutte le sue analisi contenute in questo articolo sono inficiate inoltre da una omissione che è molto significativa: lei scrive e discetta su Israele, le scelte sbagliate, le colpe, le responsabilità, ma a chi conosca la storia di quella regione solo per aver letto questo articolo potrebbe sembrare che lo stato d’Israele sia circondato da amici e sia malvagio per sua diabolica scelta. Non una parola viene da lei spesa per accennare alle guerre di annientamento scatenate dai vicini arabi contro Israele, al terrorismo suicida e non, ai ripetuti rifiuti arabi di riconoscere il diritto di Israele ad esistere (i tre no di Khartoum se li ricorda? E le carte costituzionali dell’OLP e di Hamas?). http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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