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Rainews 24 Rassegna Stampa
12.07.2010 Il senso della Libia per i diritti umani
Commento di Valeria Pannuti

Testata: Rainews 24
Data: 12 luglio 2010
Pagina: 1
Autore: Valeria Pannuti
Titolo: «Il senso della Libia per i diritti umani»

Riportiamo da RAINEWS24 l'articolo di Valeria Pannuti dal titolo " Il senso della Libia per i diritti umani ".


Muhammar Gheddafi

Non ha firmato la Convenzione di Ginevra, ma vuole mandare una nave di aiuti  a Gaza. E' ancora forte l'eco delle condanne per il trattamento disumano riservato a oltre 200 rifiugiati eritrei, maltrattati e torturati in un centro di detenzione,  e la Libia di Gheddafi annuncia una missione ''umanitaria''. 

Una iniziativa con "intenti provocatori", quella libica, aveva commentato  l'ambasciatrice di Israele Gabriela Shalev,  in un incontro con il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. 

L'annuncio dell'intenzione di far partire la nave con aiuti dalla Grecia, un cargo battente bandiera moldava, era stato dato dalla fondazione guidata da Seif Al-Islam Gheddafi, il figlio del leader libico Muammar Gheddafi. 

Israele aveva chiesto  alle Nazioni Unite di intervenire. Secondo quanto riporta il sito web del quotidiano Haaretz, l'ambasciatrice di Israele al Palazzo di Vetro, Gabriela Shalev, aveva  inviato una lettera al segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, per chiedere "alla comunita' internazionale di esercitare la sua influenza sul governo libico", impedendo  la partenza della nave verso la Striscia di Gaza. 

Qualora l'impegno diplomatico di bloccare la nave non avesse avuto effetto,  l'unita' d'elite della marina militare aveva fatto sapere che avrebbe intercettato l'imbarcazione,  per condurla verso il porto israeliano di Ashdod, a sud di Tel Aviv. Secondo Israele, gli aiuti possono essere  inoltrati a Gaza via terra, senza  forzare il blocco marino. Un blocco che, ribadisce Israele, resta necessario per impedire possibili forniture di armi ad Hamas,  che controlla la Striscia di Gaza, ed e' elencata nelle organizzazioni terroristiche da vari stati, compresa l'Unione Europea. 

L'iniziativa della nave libica, ha spiegato in una nota la Fondazione Gheddafi, e' "puramente umanitaria, espressione di solidarieta' e di rifiuto delle pratiche di occupazione, della politica di sottomissione delle persone alla fame, dell'ignoranza del diritto internazionale e di tutti i valori umanitari e morali, pratiche frutto di politiche basate sull'ostilita"'. 

Un impegno umanitario che pero' la  Libia non si sente di promuovere ne' all'interno dei suoi confini, ne' nei confronti dei rifugliati.  

L'iniziativa di Tripoli arriva,  infatti, a pochi giorni dalla violazione dei piu' elementari diritti umani perpetrata dalle autorita' libiche nei confronti degli oltre 200 rifugiati eritrei. Ancora e' viva  la disperazione  dall'inferno del deserto libico. Anche donne e bambini tenuti in condizioni disumane, sotto il sole infuocato.  

Anche secondo i numerosi rapporti ricevuti dal commissario ai diritti umani del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg, "il gruppo sarebbe stato sottoposto a maltrattamenti da parte della polizia libica, e molte delle persone detenute sarebbero rimaste gravemente ferite".  Dopo le forti pressioni internazionali, e' arrivato un  "Accordo di liberazione e residenza in cambio di lavoro". 

Rischierebbero i lavori forzati i rifugiati eritrei, pero',  secondo il giurista Fulvio Vassallo Paleologo dell’università di Palermo. ''L’accordo di liberazione e residenza in cambio di lavoro'' annunciato dal ministro della Pubblica Sicurezza libico, il generale Younis Al Obedi, che prevede '' lavoro socialmente utile in diverse shabie (comuni) della Libia'' nasconde, secondo Paleologo, una forma diversa di detenzione nei campi di lavoro libici. 

Un episodio, quello degli eritrei, che si e' verificato in un consolidato contesto di violazione dei diritti umani. Proprio di recente l'ultimo rapporto di Amnesty International, ha tracciato un quadro assai fosco dei diritti umani in Libia.   

E Tripoli e' anche nella lista nera di Human Rights Watch, tra i paesi che compiono abusi e sopraffazioni. E' alla luce di questa latitanza  rispetto ai diritti umani piu' elementari all'interno  e fuori dei propri confini, che l'organizzazione di una nave ''umanitaria''  assume  il tono di una provocazione. 

"La libertà di espressione, di associazione e di riunione ha continuato a essere gravemente limitata", dice il rapporto di Amnesty International. Che denuncia punizioni nei confronti di coloro che hanno criticato l'atteggiamento del governo in materia di diritti umani. Dissidenti detenuti che non hanno diritto ad un avvocato. Per non parlare delle centinaia di casi di sparizioni irrisolte. In un regime dove, oltretutto, regna l'impunita' per i responsabili degli abusi.

 "Cittadini stranieri sospettati di soggiornare illegalmente nel paese, compresi rifugiati e richiedenti asilo, sono stati detenuti e maltrattati", continua il rapporto. La repressione del dissenso e' all'ordine del giorno, cosi' come la discriminazione contro le donne. 

Molti i reati, infine,  per cui in Libia si prevede la pena di morte,  "compreso il pacifico esercizio del diritto alla libertà di espressione e di associazione".

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