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La (breve) storia del popolo palestinese 08/06/2017

Gentilissima Signora Fait, per prima cosa, rinnovo, secondo il calendario gregoriano, gli auguri e felicitazioni già inviati in occasione di Yom Yerushalaim. Vorrei, però, cogliere l’occasione per affrontare il quesito che sintetizzo così: che fare dei Palestinesi? Premetto che:
1) non ho dubbi sul fatto che fino a meno di cent’anni fa non esistesse una nazione palestinese, però nuovi popoli si formano continuamente nel corso della storia e gli eventi storici possono scindere in popoli diversi una popolazione originariamente unica (o differenziata a livello tribale). Ricordo che, quando cominciai a leggere IC quasi quindici anni fa, si negava, giustamente, la pretesa che i Palestinesi fossero l’unico popolo indigeno e con diritti alla sovranità sul territorio fra il Mediterraneo ed il Giordano, ma non che fossero un popolo (molto giovane, praticamente neonato);
2) finché i Palestinesi non si assumono le responsabilità delle nazioni civili, ritengo non possano pretendere alcunché;
3) penso che, avendo vinto una guerra difensiva e visti i persistenti rifiuti arabi e palestinesi dell’ultimo mezzo secolo, Israele abbia pieno titolo ad annettere una parte non esigua dei territori conquistati nel 1967 o anche ad annetterli tutti, ma, in quest’ultimo caso, offrendo la cittadinanza israeliana ai residenti (il che pone, ovviamente, gravi problemi pratici, che immagino abbiano validamente contribuito a mantenere tanto a lungo uno status provvisorio).
Però, leggendo i commenti (in primo luogo i Suoi) degli ultimi mesi, se non anni, mi sembra di cogliere un atteggiamento di negazione in radice perfino dell’esistenza, oggi, di un popolo palestinese, senza fornire prove convincenti al riguardo. Oggi leggo, nella Cartolina del prof. Volli, che in gran parte condivido, un suggerimento, almeno indiretto, a dire “agli arabi dell'Autorità Palestinese che hanno già uno stato ‘palestinese’ che è la Giordania”: siamo sicuri che la Giordania possa diventare lo Stato palestinese senza che vi scoppi una guerra civile? che i Giordani si sentano tutti o quasi palestinesi? che il Re di Giordania sia d’accordo (o che rovesciarlo sia una buona idea per la stabilità del Paese)? E, in concreto, quale sarebbe la proposta? indurre (più o meno con le buone) gli ‘arabi dell’Autorità Palestinese’ ad emigrare nell’attuale territorio giordano, per annettere formalmente tutta la Giudea e la Samaria ad Israele senza accrescere la popolazione araba israeliana? Chi volesse restare, pacificamente, dove è nato, potrebbe optare per la cittadinanza israeliana, come propongono alcuni in Israele (se non erro, anche il Presidente Rivlin)? Ripeto, credo che gravi sui Palestinesi l’onere di provare di essere pronti a diventare un vicino non ostile ed una nazione civile e responsabile. Però, sotto il profilo sia morale che politico, un conto è dir loro ‘Con la violenza non otterrete nulla’, un altro è dire ‘Qualunque cosa (buona) facciate, non vi vogliamo nella terra in cui siete nati, né come vicini indipendenti (in una parte della ‘Cisgiordania’), né come nostri concittadini’. Francamente, non credo che potrei moralmente appoggiare la seconda opzione. So benissimo che, nel corso della storia, le cacciate e gli scambi forzati di popolazioni, per lo più con modalità atroci, sono stati molto numerosi, fino a tempi recentissimi (e continuano in troppi luoghi). Però non vorrei che lo facesse ad altri l’Italia e non vorrei che lo facesse Israele: non perché non ne voglia la capacità di difendersi da sé, ma perché, da un lato, non sarebbe molto degno della sua democrazia e, dall’altro, dubito che gioverebbe davvero alla sua sicurezza. Sarei felice se Lei, il prof. Volli o altri su IC affrontassero il tema. Molto cordialmente,

Annalisa Ferramosca

Gentile Annalisa,
Lei pone un quesito che, se fosse facilmente risolvibile, vivremmo già tutti felici e contenti, purtroppo non è così, sembra proprio un problema insormontabile. E' vero che i palestinesi sono un popolo giovane, giovanissimo, come lei scrive, praticamente neonato, è anche vero però che hanno sempre avuto una classe dirigente di mafiosi corrotti che non ha mai pensato al loro bene ma alle proprie tasche e al proprio tornaconto. Il rifiuto perenne di una soluzione pacifica del conflitto e la propensione al terrorismo ricevuta come tipo di educazione hanno fatto dei palestinesi un popolo inaffidabile e pericoloso che, più che desiderare uno stato, vorrebbe eliminare quello già esistente, cioè Israele. Sono d'accordo con lei che trasferire tutti i palestinesi in Giordania sarebbe impossibile, a parte il problema morale cui lei accenna, Re Abdallah porrebbe un netto rifiuto come fece suo padre il cui trono era stato messo in tale pericolo da Arafat da mandare l'esercito che travolse e uccise decine di migliaia di palestinesi (Settembre nero). Io sono convinta che i palestinesi attualmente siano incapaci di governarsi a meno che non si liberino dai loro capi corrotti, cosa che vedo difficile, perciò l'unica soluzione possibile sarebbe la proposta di Liberman: una confederazione israelo-giordano-egiziana preceduta da uno scambio di popolazione, i territori a maggioranza araba entrino nella conferazione e quelli a maggioranza ebraica restino a Israele. Così facendo si risolverebbe forse il problema, almeno per qualche anno. Putroppo Giuordania e Egitto hanno già rifiutato l'idea. Credo che questo conflitto andrà avanti ancora per molto perchè, se Israele sarebbe disposto, come sempre è stato, a fare dei passi avanti, dall'altra parte il rifiuto è totale. Possiamo solo sperare in un colpo di genio tra Benjamin Netaniahu e Donald Trump. Bibi sta portando dalla parte di Israele buona parte dei paesi africani, Trump sta dividendo il mondo arabo. Non so perchè ma tutto questo movimento mi porta a ben sperare.
Un cordiale Shalom


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