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Padre Pizzaballa il cieco, l'Unesco e l'islamismo 10/05/2017

Gentilissima Signora Fait, leggo solo ora l’articolo dell’Avvenire “Pizzaballa: Gerusalemme, ascoltare la voce dei cristiani” ed il relativo commento di IC. Mi permetto di segnalare che, in realtà, negli ultimi anni e negli ultimi mesi, Mons. Pizzaballa ha parlato con una certa frequenza, con preoccupazione e con lucido realismo della situazione dei cristiani in Siria, Iraq ed Egitto (il Medio Oriente, per inciso, è molto più ampio della Terra Santa, anche intesa nella sua massima estensione, comprensiva della Giordania). Ne ha parlato anche il 5 maggio, in un’intervista all’Agenzia SIR. Quanto alla frase citata da Avvenire, con la richiesta di considerare attese e richieste dei cristiani quando si parla del futuro di Gerusalemme o di confini da tracciare (se e quando Israele ed i palestinesi raggiungeranno un accordo di pace), mi sembra più che ragionevole. I cristiani hanno già pagato un prezzo non piccolo per gli Accordi di Oslo e per le conseguenze della c.d. seconda intifada e conseguenti misure difensive adottate da Israele. Curiosa coincidenza, il 4 maggio ho letto su Israel Hayom un articolo di Ariel Bolstein, intitolato “Jerusalem doesn’t need UNESCO”, in cui, fra molte affermazioni che condivido pienamente, si leggeva anche che a Gerusalemme “Every one else [diverso dalla nazione ebraica] is only a guest”. Non so quanto sia diffusa (spero poco) questa idea fra gli israeliani ebrei, ma immagino che i cristiani che vivono a Gerusalemme dalle origini del cristianesimo o poco dopo non si sentano e non vogliano essere considerati ‘ospiti’ come se fossero turisti in visita o lavoratori stranieri e che temano molto di far le spese, ancor più di quanto non sia finora accaduto, del conflitto tra il mondo islamico ed Israele e, magari, anche di un futuro accordo di pace. Che un loro Vescovo (Mons. Pizzaballa è l’attuale Amministratore Apostolico, in attesa della nomina del prossimo Patriarca) se ne preoccupi mi pare doveroso: e, sia detto ancora per inciso, Mons. Pizzaballa non vanta molte ‘reprimende di Israele’ nel suo curriculum, a differenza di molti suoi predecessori sia nel ruolo di Custode di Terrasanta che di Patriarca. Molto cordialmente,

Annalisa Ferramosca

Gentile Annalisa,
Padre Pizzaballa ha un nutrito curriculum di reprimende di Israele, basta digitare il suo nome sul "cerca parole" di informazionecorretta per leggere un lungo elenco di critiche a Israele e di giustificazione per l'islam e la persecuzione dei cristiani. Nel 2015 parlava di " nessuno scontro di civiltà, questa è una guerra interna all'islam". Beh, abbiamo visto dai massacri ancora in atto in Medio oriente che la guerra proprio interna non era ma che aveva lo scopo di "ripulire" il mondo islamico da tutto quello che non fosse musulmano. Purtroppo non è mai uscita dalla sua bocca una frase del tipo "Israele è l'unico paese della regione in cui i cristiani godono degli stessi diritti degli altri cittadini". I cristiani di Israele, sempre in aumento, non sono ospiti ma cittadini a tutti gli effetti e, come tutti hanno diritti e doveri, compresi i problemi di sicurezza adottati da Israele a causa del terrorismo palestinese. Le risoluzioni dell'Unesco contro Gerusalemme e Israele avrebbero dovuto far saltare sulla sedia il Custode di Terrasanta perchè quelle infami dichiarazioni non solo negano il legame millenario tra Gerusalemme e gli ebrei ma anche tra Gerusalemme e i cristiani. Il silenzio del Vaticano e di tutta la Chiesa è stata una enorme delusione e credo che sentirsi parte di questa terra, come afferma Pizzaballa, significa difenderla da coloro, i musulmani, che vorrebbero eliminarla fisicamente e spiritualmente per gli ebrei come per i cristiani. Purtroppo dal Vaticano arrivano ordini diversi: non criticare mai l'islam è il primo. Con questo tipo di direttive non si va molto lontano.
Un cordiale Shalom


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