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Indifferenza Indifferenza si legge nel binario 21 del memoriale della Shoah nella stazione centrale di Milano. Ora, come allora, la stessa indifferenza aleggia nelle istituzioni, nei mass media e nell’opinione pubblica. L’indifferenza che ha portato alla cancellazione di un convegno su Israele in programma il 7 maggio all’Università statale di Milano. Apparentemente può apparire come un fatto marginale, infatti le istituzioni – Università di Milano, Comune di Milano, Prefettura, Ministero degli interni e Presidenza della Repubblica – si sono preoccupati, unicamente, dell’ordine pubblico, minacciato, dagli squadristi dei centri sociali e da frange di pseudo-studenti che non volevano che il convegno avesse luogo. Esattamente la stessa logica addotta dal governo Facta e dal Re nel 1922 quando permisero agli squadristi di Mussolini di marciare su Roma per “ragioni di ordine pubblico”. Anche allora non si capì che in gioco era la democrazia: si pensava che, in gioco, era solamente l’ordine pubblico. Bisognava "sbollire" gli animi e di lì a poco lo stato di diritto avrebbe ripreso il sopravvento. Si è visto come è andata a finire. Oggi la stessa logica ha mosso le istituzioni a premere sugli organizzatori del convegno del 7 maggio per cancellarlo. Troppo pericoloso per l’ordine pubblico. Meglio far “sbollire” gli animi poi in futuro, forse, si riprogrammerà. Ma è davvero così difficile da capire che è l’essenza stessa della democrazia che è in gioco, quando si impedisce alla libertà di parola e di dibattito di potersi esprimere liberamente? L’ordine pubblico dovrebbe essere dalla parte della libertà di espressione e non diventare la “scusa” per non permettere – selettivamente – incontri e dibattiti. Tutte le istituzioni avrebbero dovuto, all’unisono, mettersi dalla parte degli organizzatori del convegno del 7 maggio e far capire che l’ordine pubblico sarebbe stato garantito proprio perché va garantita la libertà di parola. L’indifferenza ha pervaso non solo le istituzioni, ma, anche i giornali e i media e di conseguenza, l’opinione pubblica. Infatti, la maggior parte degli articoli o dei servizi radio-televisivi ha, esclusivamente, posto l’accento sulla cancellazione del convegno ma non sul suo significato: la prevaricazione dello squadrismo sulla libertà di parola. Tranne rare eccezioni (Mario Sechi su Libero e pochi altri) nessuno, soprattutto in televisione o alla radio, ha stigmatizzato la gravità di quanto accaduto. Nessuno ha chiesto con voce alta e forte alle istituzioni di essere i garanti della libertà di parola, di prendere una forte posizione politica per poterla garantire se necessario, anche, con le forze di pubblica sicurezza. Altrimenti a che cosa servono? Servono per reprimere o per garantire la libertà di parola a tutti? Vedremo se qualcuno capirà la gravità di quanto accaduto e permetterà lo svolgimento del convegno previsto per il 7 maggio in altra università con l’appoggio incondizionato delle autorità (Comune, Prefettura, Presidenza della Repubblica), e delle forze di pubblica sicurezza. Per ora il silenzio è assordante.
takinut3@gmail.com |
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